domenica, 24 Settembre, 2023

Mercati, calma piatta in attesa delle trimestrali

I mercati procedono tranquilli: pochi scambi e clima di attesa. I timori delle Borse sono legati all’inflazione, più alta del previsto, e al probabile nuovo ritocco dei tassi verso l’alto. Segnali positivi sull’obbligazionario dove si sta calmando la volatilità. Con questo approccio “neutro” ci si appresta ad attraversare il periodo delle trimestrali che si riveleranno quasi sicuramente in grado di indirizzare l’andamento dei listini nei prossimi mesi.

Sul lato tassi, a causa dell’inflazione persistente e della crescita dell’economia, negli Usa dovrebbe proseguire il rialzo. In Europa, secondo gli osservatori, sono probabili tre successivi ritocchi a 25 punti base. Dopo l’estate la tendenza potrebbe invertirsi sempre che l’energia non ci prepari nuove brutte sorprese. Negli Stati Uniti attualmente c’è un altro problema: lo scorso gennaio, infatti, è stato raggiunto il limite autorizzato del debito pubblico, a 31.381 miliardi di dollari. L’alternativa è tra modificare il tetto del debito (operazione effettuata oltre cento volte nel dopoguerra), oppure andare in default tecnico. Probabilmente dopo il solito braccio di ferro fra democratici e repubblicani il tetto sarà alzato.

Il blocco dei fondi federali è un rischio – foriero di volatilità sui mercati – che a un passo dalla campagna elettorale presidenziale nessuno può permettersi di correre. Sul versante monetario, è in corso l’assestamento del rapporto euro-dollaro. Il nuovo equilibrio fa bene all’Europa, che sterilizza i rialzi delle materie prime, i cui costi sono espressi in dollari. In un prossimo futuro potremmo assistere a una svalutazione del biglietto verde che potrebbe avvenire se il suo ruolo uscisse ridimensionato dalle spinte “autonomiste” dei Brics. I cinque paesi, guidati dall’intraprendenza cinese, stanno infatti sperimentando scambi con monete diverse dal dollaro, con lo yuan nel ruolo di jolly e di possibile antagonista delle banconote americane. Cina, Brasile, Russia, India e Sudafrica rappresentano circa il 40% della popolazione mondiale: se lo yuan si imponesse come moneta di riferimento per queste economie, gli Stati Uniti potrebbero rischiare gravi squilibri delle bilance commerciali. Se un ruolo più centrale dello yuan non è da escludere, è invece molto difficile pensare a una moneta unica dei Brics, di cui si è parlato e riparlato a intermittenza.

Una valuta comune per paesi così distanti tra loro (non solo geograficamente) sarebbe di ben più difficile realizzazione rispetto all’euro che ancora adesso è esposto a problemi strutturali, a cominciare dai sempre incombenti ampliamenti degli spread. Infine l’oro, lontano da nuovi record e in fase di assestamento. La crisi bancaria europea sembra superata, ma non quella americana: notizie negative da quel fronte potrebbero favorire un nuovo volo del metallo giallo. In caso contrario, l’inflazione e i tassi alti potrebbero tarpargli le ali.

Carlo Vedani
Carlo Vedanihttps://alicantocapital.com/
Collaboratore. Amministratore delegato di Alicanto Capital

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