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Evergrande, niente di nuovo sotto il sole

La tranquillità dell’agosto finanziario è stata apparentemente scossa dal caso Evergrande che ha dichiarato bancarotta protetta negli Stati Uniti e proverà a ristrutturare il debito (per centinaia di miliardi di dollari). I timori di una “nuova Lehman” sono per lo meno esagerati, perché Evergrande era già fallita due anni fa in Cina, anche se potrebbero esserci conseguenze serie. A destare preoccupazione sono altre situazioni, in una bolla più ampia che sembra aver decretato la fine del boom cinese.

Tra queste, la crisi di Zhongrong Trust, che non ha rimborsato gli importi dovuti agli investitori e che sarebbe indebitata per circa 3mila miliardi di dollari. Questo caso potrebbe nascondere una crisi più ampia delle banche ombra cinesi, con forti conseguenze per il sistema economico di Pechino. Il rallentamento del colosso asiatico dipende anche dalla strategia America First che ha riportato in patria varie attività in precedenza delocalizzate in Cina, costringendo il paese a rinsaldare i rapporti con i Brics e a rafforzare alleanze con paesi una volta rivali (India e Russia).

Questi accordi, forse, diventeranno ancora più stretti dopo il recente vertice multilaterale Usa-Giappone-Corea del Sud. Troppo enfatizzati, infine, l’effetto del taglio dei tassi – per spingere i cittadini ai consumi – e il presunto “crollo” dello yuan, che in un anno ha perso poco più del 3% nei confronti del dollaro, meno del calo dell’euro nei mesi successivi all’attacco russo in Ucraina. La situazione del rublo è invece seria: ha infatti perso il 40% circa su euro e dollaro. Le ragioni, quasi certamente, sono lo sforzo economico per sostenere la guerra, combinato con la natura del rublo, moneta parzialmente liquida, e quindi più volatile. Ha certo contribuito anche l’indebitamento maggiore del paese a causa del blocco di potenziali compratori di valuta da parte del mondo commerciale.

In Europa si dibatte ancora sui tassi. Si ipotizza un nuovo, ultimo, ritocco verso l’alto. Eppure, l’inflazione europea è in discesa. Il campanello d’allarme ora è l’economia che si sta impantanando. Nel 2024 la Bce e la Fed potrebbero dover abbassare i tassi con una velocità maggiore rispetto alle previsioni, per scuotere l’economia ed evitare una recessione profonda. Negli Usa infatti i tassi alti sull’immobiliare e sui rifinanziamenti dei private equity rischiano di causare una nuova crisi globale. Intanto, le Borse europee hanno chiuso la settimana un po’ in flessione. Soprattutto Piazza Affari che, a causa della tassa sugli extra-profitti, ha ancora risentito del calo dei bancari – lunedì già in ripresa. Il timore è soprattutto psicologico, perchè la tassa – se sarà un prelievo una tantum – avrà un impatto del 10% sugli utili netti di quest’anno con conseguenze assolutamente gestibili.

Per gli investitori è bene tenere le posizioni e aspettare l’apertura di settembre, che tradizionalmente chiude l’ “armistizio” estivo delle Borse.

Carlo Vedani
Carlo Vedanihttps://alicantocapital.com/
Collaboratore. Amministratore delegato di Alicanto Capital
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