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2023, la riscossa dei bond?

L’anno che si è appena chiuso ha causato molti incubi agli investitori. A essere colpiti sono stati soprattutto gli obbligazionisti.

Ora, sono molti i segnali che suggeriscono un’inversione di tendenza: il 2023 potrebbe configurarsi come il primo in 11 anni a offrire rendimenti interessanti per i bond. Storicamente, dopo una serie di chiusure al ribasso, le obbligazioni tornano a crescere e, senza essere troppo ottimisti, possiamo comunque attenderci rendimenti fra il 5% e il 7%.

Data la possibile riscossa dell’obbligazionario, il mercato azionario non offrirà grandi spunti. La recessione sembra essere inevitabile e gli effetti sui mercati dipenderanno dal grado di gravità con cui si esprimerà. Comunque vada, dovremo rapportarci con una forte volatilità.

La grossa incognita resta la geopolitica, rappresentata dal protrarsi della guerra russo-ucraina e dalla recente crisi tra Serbia e Kosovo.

Per l’azionario il primo trimestre non sarà facile e realisticamente non ci si può aspettare una media maggiore del 5-6%.

E’ quindi saggio iniziare con una componente azionaria prudente, valutando un aumento di peso durante l’anno, e un investimento molto più costruttivo e aggressivo sull’obbligazionario.

Resta il nodo delle materie prime. Difficile prevedere le nuove evoluzioni del prezzo del gas. Nonostante dichiarazioni contrastanti, Mosca ha ancora bisogno dei soldi europei e le sue forniture ai paesi Ue dovrebbero crescere nel corso di questi mesi, assicurando un’erogazione ragionevole.

Si prevede che il prezzo del gas non superi quota 100 e rimanga ben distante dall’alto price cap.

Il petrolio rappresenta un altro punto di domanda, ma la situazione attuale suggerisce che difficilmente si avvicinerà ai picchi raggiunti l’anno scorso. Il prezzo potrebbe, tuttavia, aumentare per la fine delle restrizioni in Cina e il superamento di questa importante ondata di Covid.

E i tassi? Per ora, anzi, non ci sono segnali di stop ai rialzi.

Ci vorrà un po’ per considerare la possibilità di invertire la tendenza e puntare sui ribassi.

Nel 2024, negli Stati Uniti, le cose potrebbero cambiare per ragioni essenzialmente politiche, considerato che sarà un anno elettorale. Jerome Powell è al suo secondo quadriennio come presidente Fed: dovrebbe, quindi, conservare una certa indipendenza. Ma si sa che le pressioni della politica possono comunque rivelarsi forti.

Nell’Ue, invece, molto dipenderà dai prezzi delle materie prime. Si prevede la possibilità di un rialzo dei tassi fino al 4%.

Certo è che la spirale inflattiva non colpisce tutti i paesi europei allo stesso modo: secondo uno studio di Confartigianato, a novembre 2022 i prezzi dei beni energetici in Italia sono cresciuti il doppio. A spiegare questo fenomeno può essere la speculazione. Occorre quindi intervenire al più presto, per evitare che il paese finisca in stagflazione. E che il 2023, per l’economia, si riveli ancora peggiore dell’anno appena concluso.

(di Carlo Vedani, amministratore delegato di Alicanto Capital)

Carlo Vedani
Carlo Vedanihttps://alicantocapital.com/
Collaboratore. Amministratore delegato di Alicanto Capital
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