4 Dicembre 2024, mercoledì

Parkinson: diagnosi precoce grazie all’intelligenza artificiale

L’intelligenza artificiale è in grado di diagnosticare precocemente il Parkinson valutando con la Pet/Tac il metabolismo cerebrale della Fluoro Dopa. È la prospettiva rivelata da uno studio multicentrico che ha visto come centro coordinatore la Medicina nucleare di Massa, con la preziosa collaborazione dell’ospedale “Galliera” di Genova e dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) di Pisa.

Lo studio dal titolo “The role of deep convolutional neural network as an aid to interpret brain 18F-DOPA PET/CT in the diagnosis of Parkinson’s Disease” recentemente pubblicato sulla rivista scientifica “European Radiology” (Impact Factor 4) ha portato allo sviluppo di un software di intelligenza artificiale che è in grado di riconoscere un paziente con Parkinson anche in fase iniziale di malattia, riscontrando piccoli deficit di metabolismo a livello delle strutture cerebrali interessate.

“La malattia di Parkinson – sottolinea Pietro Bertolaccini, direttore della Medicina nucleare di Massa -, è una malattia neuro degenerativa che colpisce molte persone nel mondo: in genere la diagnosi è clinica ma a volte può arrivare tardivamente, quando sono già comparsi i sintomi come tremori, rigidità muscolare, problemi di equilibrio e nei movimenti, quindi quando già il cervello del paziente ha subito non poche lesioni irreversibili. Si ritiene che scoprire in fase pre-clinica la malattia possa consentire una migliore gestione del paziente e potrebbe consentire di prevenire, o comunque rallentare, la progressione della malattia con farmaci che contrastino la neuro degenerazione.

Questo studio è stato possibile grazie alla collaborazione di Roberto Cappuccio, fisico nucleare associato all’Infn di Pisa, e di Elena Lorenzini , specialista in fisica medica operante presso la Fisica sanitaria Area nord dell’Azienda USL Toscana nord ovest, diretta da Alessandro Tofani. “L’intelligenza artificiale – commentano i due esperti – consiste nella creazione di algoritmi di apprendimento automatico che vengono addestrati e migliorano attraverso l’esperienza e che imparano, in modo automatico, dai dati forniti e sta entrando nell’ambito sanitario con diverse finalità e risultati”.

“Un esempio di questo approccio informatico – prosegue Bertolaccini – è quello da noi utilizzato in questo studio, ossia l’analisi delle immagini PET/TAC eseguite con un radiofarmaco biomolecolare. Sono state create delle reti neurali convoluzionali supervisionate in grado di apprendere a partire da un set di immagini di riferimento già classificate e di elaborare una nuova classificazione autonomamente”.

“È fondamentale sottolineare che l’intelligenza artificiale (IA) non può sostituire l’uomo: queste tecnologie forniranno agli operatori sanitari un supporto nella lettura dei dati e nel cogliere elementi significativi che, altrimenti, non sarebbero di facile rilevazione quando le alterazioni patologiche sono di lieve entità e quindi ad uno stadio precoce della malattia. Di contro, il livello di analisi dei dati da parte dell’intelligenza umana non è replicabile da parte dell’IA: è sempre il cervello umano a dare un senso ai dati analizzati in modo da pervenire ad una diagnosi. Gli operatori sanitari diventeranno quindi dei veri e propri consulenti dei pazienti, grazie alla possibilità di poter gestire una diversa mole di dati raccolti con le tecnologie a disposizione, al fine di intercettare quanto prima possibile la malattia e offrire la miglior soluzione di cura al paziente”.

Redazione
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