domenica 20 Aprile 2025

Tassi, Bce e Fed sempre meno allineate

E‘ sempre più probabile il calo dei tassi Bce a giugno. Lo ha confermato Christine Lagarde in alcune dichiarazioni rilasciate a margine degli incontri Fmi. Se l’imminenza dei tagli non è praticamente in discussione, molti più dubbi sorgono sulla loro entità e sulla loro frequenza. La presidente si è subito coperta le spalle, ricordando che la Bce non si è impegnata preventivamente a una serie di sforbiciate: un primo taglio a giugno, quindi, non presuppone obbligatoriamente altri ritocchi entro il 2024. E’ comunque probabile che nel corso di quest’anno possa verificarsi un aggiustamento complessivo dello 0,50%, magari diviso in due operazioni.

Molto differente la situazione in casa Fed. Rovesciando la dichiarazione di alcune settimane fa, che aveva aperto a tre tagli entro fine anno, Jerome Powell ha affermato che i tassi resteranno fermi se l’inflazione non scenderà. La sua cautela dipende proprio dalla situazione del vortice inflattivo americano, che non è stato del tutto domato, mentre l’economia va bene e sembra in grado di sopportare senza troppi contraccolpi un eventuale prolungamento delle condizioni restrittive del costo del denaro.

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L’inflazione americana (come quella europea, pur in regressione) dipende soprattutto dalle materie prime. A cominciare dal prezzo del petrolio e proseguendo con l’oro, ma anche con la crescita a doppia cifra di rame e alluminio (+10%) e la fiammata delle materie prime agricole.

A questi dati occorre aggiunere la situazione di difficoltà nello stretto di Hormutz. In questo contesto, lo S&P è arrivato a perdere il 5% circa, anche se ora la flessione sembra essere quasi del tutto rientrata. Piazza Affari va invece a tratti, confermando la situazione all’insegna del trading range. Il mercato rimane dunque molto forte, e il ritorno del petrolio sotto quota 90 rappresenta un ulteriore elemento di tranquillità. Preoccupano invece le stime del Fondo Monetario Internazionale sul prodotto interno lordo italiano, che è visto in crescita per quest’anno, ma al ribasso nel 2025, al +0,7%, contro le previsioni del governo pari all’1,2%. Se si verificasse questa situazione, l’Italia sarebbe maglia nera tra i Paesi del G7.

Premesso che ultimamente il Fondo Monetario Internazionale ha sbagliato molte previsioni, il dato relativo al nostro Paese non è comunque confortante. Sicuramente, nel Def, il governo italiano è stato troppo ottimistico sulla questione: anche Banca d’Italia ha rimarcato che le stime sulla crescita del pil dovranno essere riviste al ribasso. Non è comunque detto che le previsioni si avverino del tutto: la Gran Bretagna sta ancora lottando con le ricadute negative della Brexit (e presumibilmente lo farà ancora per lungo tempo) e la Germania è alle prese con la recessione, che ha caratterizzato la chiusura del 2023 per la “locomotiva d’Europa”. Non è quindi escluso che l’Italia possa evitare di ricoprire lo scomodo ruolo di fanalino di coda, giocandosi l’ultimo posto con questi due Paesi.

Carlo Vedani
Carlo Vedanihttps://alicantocapital.com/
Collaboratore. Amministratore delegato di Alicanto Capital

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