Le stime sui dati di dicembre evidenziano un possibile punto di svolta. Ma in Italia, gli aumenti di trasporti, petrolio e generi alimentari fanno temere un colpo di coda. Mentre la Bce non blocca l’aumento dei tassi
Secondo le stime Eurostat di fine 2022 l’inflazione ha forse raggiunto il suo picco, attestandosi a 9,2% rispetto a fine 2021.
Il trend è più marcato in Germania, con un decremento dei prezzi al consumo dello 0,8% mese su mese. Una contrazione che è comunque condizionata dall’intervento del governo; lo stato ha infatti pagato una tantum le bollette di dicembre, riducendo il tasso del mese dell’1,2% (stima Commerzbank).
Anche in Italia in dicembre l’inflazione registra una leggera discesa anche se a breve termine potrebbe verificarsi un nuovo rialzo dovuto agli aumenti generalizzati di gennaio.
Tutto si giocherà sui prezzi dell’energia: se non dovessero tornare a salire, l’inflazione potrebbe intraprendere un importante percorso di ridimensionamento. Un trend che farebbe molto bene all’obbligazionario, che ha già recuperato il tonfo di dicembre.
Per il momento, però, la Bce non cambia politica e si appresta ad alzare nuovamente i tassi di mezzo punto. Sono previsti aumenti della stessa portata anche oltre oceano. La Fed non diminuirà i tassi fino a quando l’obiettivo dichiarato del 2% non sarà raggiunto. Della serie: non se ne parlerà per almeno un anno. Il trend dei tassi in rialzo è una vera manna per il settore bancario, favorito sia dall’aumento del margine di interesse, sia dalla remunerazione a tassi positivi del denaro depositato in Bce. In questi anni, inoltre, le aziende di credito hanno visto crollare le loro valutazioni e questo rende lecito ipotizzare un ampio margine di crescita in uno scenario estremamente favorevole. Il recupero è già iniziato. L’indice Stoxx Europe 600 Banks, che raccoglie i principali gruppi di credito in Europa, ha infatti registrato un consistente aumento e la fase positiva potrebbe proseguire, rendendo fruttuosi gli investimenti in titoli di aziende di credito.
Ottime prospettive anche per le obbligazioni bancarie, che ultimamente stanno rendendo anche oltre il 5%. Occorre comunque molto prudenza nella selezione degli emittenti e delle emissioni e un buon grado di dinamicità nella gestione delle posizioni. Se l’aumento dei tassi si fermasse, le utility – che stanno soffrendo in maniera seria i continui rialzi – potrebbero rivelarsi una buona alternativa.
La Croazia, all’indomani dell’ingresso nell’euro ha visto lievitare i listini della spesa. Il boom ha diffuso il panico nel paese. I controlli effettuati hanno evidenziato numerose irregolarità. I croati conoscevano bene ciò che era accaduto in Europa nel 2002 e negli anni seguenti, ma chi di dovere non ha fatto nulla per evitare il ripetersi di questa esperienza.
Per la Croazia, l’ingresso nell’euro era probabilmente inevitabile, dati i forti legami (politici, ma soprattutto commerciali) con la Germania; tuttavia, se gli aumenti non dovessero rientrare, a Zagabria potrebbe montare un’ondata di euroscetticismo difficilmente arginabile.
(di Carlo Vedani, amministratore delegato di Alicanto Capital)