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Villafranca: sabato 3 novembre "La tragedia della facciata di San Lorenzo, Michelangelo vittima illustre del potere politico"

Sabato 3 novembre, alle ore 15.30, presso la sala polifunzionale del Museo Etnografico della Lunigiana di Villafranca, si svolgerà, a cura dell’Associazione Alberico Benedicenti, l’incontro di narrazione dal titolo “La tragedia della facciata di San Lorenzo, Michelangelo vittima illustre del potere politico”.
L’iniziativa vedrà protagonista, ancora una volta Costantino Paolicchi, già conosciuto e apprezzato dal pubblico villafranchese. La narrazione, accompagnata da contributi multimediali, ripercorrerà le dolorose vicende dell’incompiuta facciata della chiesa medicea di San Lorenzo a Firenze e della tomba di Giulio II. Le ricerche di Paolicchi, in particolare, si concentrano sui due anni che l’artista ha trascorso nell’angusta valle di Seravezza, dove era giunto da Carrara, tra la povera gente dei villaggi montani, nella solitudine del proprio tormento. E’ a partire da quell’esperienza che vengono gettate le basi dell’industria del marmo versiliese. Al termine della relazione sarà proiettato il cortometraggio “I cavatori”, girato a Seravezza nel 1956, proprio nei luoghi di Michelangelo.
Introduce Mara Cavalli, Presidente Associazione Alberico Benedicenti.

“Quando Michelangelo venne ad abitare a Seravezza, nella primavera del 1518, era un uomo solitario, disperato, incompreso. Ammirato e lusingato ma non amato. Animato da un’incontenibile ansia e dal bisogno di bellezza, da esprimere e rivelare soprattutto attraverso la scultura.

La sua personalità, il suo carattere, le sue insicurezze e i suoi vasti progetti, in un periodo tra i più travagliati della sua lunga vita, sono messi a confronto con la dura realtà delle cave, con l’ambiente aspro e implacabile delle Alpi Apuane, con la natura selvaggia da “domesticare” insieme agli uomini: gli abili cavatori di Carrara, gli ingrati scalpellini di Settignano, la povera gente di Seravezza e dei villaggi montani che non conosce l’arte di cavare ma è desiderosa di aiutare lo scultore.

Grandi fatiche, preoccupazioni, la sfortuna che sembra perseguitarlo, i committenti che incalzano, la malattia, la percezione del tempo che passa inutilmente, e forse anche la consapevolezza della propria impotenza, d’essere strumento di un disegno politico che si consuma nei palazzi del potere: i Medici e i della Rovere. Il nuovo papa Leone X e gli eredi del grande Giulio. Una tomba indesiderata, che Michelangelo non dovrà mai realizzare. Ecco perché “…in questo tempo papa Leone, non volendo che io facessi detta sepoltura, finse di voler fare in Firenze la facciata di San Lorenzo…”, come ricordava lo scultore alle soglie della vecchiaia.

Sono gli anni compresi tra il settembre 1516 e il marzo 1520. Ma senza alcun dubbio è il periodo di Seravezza, dove Michelangelo giunge da Carrara nel marzo del 1518, quello che vede il culmine dei suoi tormenti e delle sue tribolazioni: “Michelangelo aveva perduto – ha scritto Giovanni Papini – oppresso da quelle fatiche, senza poter avviare quella facciata, più di tre anni; tre anni e mezzo della sua piena maturità, tra i quarantadue e i quarantacinque. Forse non ebbe altra consolazione, in tutto quel tempo, che la solitudine in mezzo alla natura selvatica, la vista dei monti e del mare, la meditazione delle cose eterne”. (G. Papini, Dante e Michelangelo, Mondadori Ed., Verona 1961).

È l’impresa di cui si fa carico a Seravezza a segnare il punto di rottura, la fase davvero critica e drammatica della sua esperienza sulle cave delle Alpi Apuane. Carrara, sebbene i cavatori carraresi non siano del tutto affidabili e non sempre rispettino i contratti, è il centro d’eccellenza per la produzione del marmo. A Carrara Michelangelo non ha da insegnare il mestiere a nessuno, ma può trarre considerevoli profitti agendo come imprenditore e commerciante, facendo “compagnia” con i suoi abituali fornitori e avvalendosi dell’interessata amicizia del marchese Alberico Malaspina. Ecco perché non vuole abbandonare Carrara e tradire la fiducia di quegli uomini.

Ma Seravezza è una prova a cui è costretto dalle abili manovre del papa e del cardinale Giulio de’ Medici. Le notizie trapelano, anche ad arte, i carraresi si fanno sospettosi e poi apertamente ostili. Michelangelo deve rischiare tutto sulle montagne inaccessibili del Capitanato di Pietrasanta dopo aver assunto l’incarico di due opere colossali da realizzare contemporaneamente: la facciata di San Lorenzo e la tomba di Giulio II. Un obbiettivo che tutti giudicano impossibile. Eppure Michelangelo raccoglie tutte le sue energie e ci prova, sfidando la malasorte.

È qui che si racchiude – nel breve tempo di circa due anni – e si consuma, nell’angusto spazio di una valle selvaggia solcata dal torrente Serra, il dramma più cocente della sua esistenza, la grande tragedia della sua vita.

L’attività di Michelangelo gettò le basi dell’industria del marmo in Versilia che si sviluppò a partire dal 1820, con la vendita del Monte Altissimo e la costituzione della Società Borrini – Henraux. Al termine della narrazione, che si avvale di numerose immagini, verrà proiettato il film “I cavatori”: cortometraggio del 1956 interamente girato nei luoghi michelangioleschi a Seravezza. Un autentico capolavoro che ha ottenuto molti premi e riconoscimenti in Italia e all’estero”.

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