Home Editoriale Un anno di guerra: ecco come sono cambiate le economie

Un anno di guerra: ecco come sono cambiate le economie

A dodici mesi dallo scoppio del conflitto, la cessazione delle ostilità sembra un traguardo lontano e poco probabile

A un anno e poco più dall’escalation militare, la pace tra Russia e Ucraina sembra irrealizzabile. Sergeij Radčenko, docente di relazioni internazionali, ha pubblicato sul New York Times un’analisi che prevede due scenari probabili: combattimenti ad libitum o una “soluzione coreana” – cioè la cessazione delle ostilità e il congelamento de facto dei confini tra i due paesi belligeranti, con uno stato prolungato di “guerra non guerreggiata”. In Corea, la situazione (tecnicamente ancora provvisoria) si è in realtà consolidata con i due stati che si sono sviluppati in maniera autonoma.

Al momento qual è il bilancio degli impatti della guerra sull’economia mondiale? Una delle conseguenze del pacchetto di sanzioni predisposto per colpire Mosca è la minore dipendenza dell’Europa dal petrolio e dal gas russo. L’altra è stata l’immediato forte aumento del prezzo del metano e del greggio; se il secondo è tornato rapidamente su livelli accettabili, il primo è stato oggetto di speculazioni, si è mantenuto a lungo a tre cifre ed è poi sceso gradualmente. L’influenza sull’economia europea è stata pesante, molto meno su quella di Mosca che ha stretto rapporti politici e commerciali con la Cina. È di non molti giorni fa la foto del grande gasdotto in costruzione, che porterà il gas russo in oriente. Inoltre la maggior parte dei paesi del mondo non ha aderito alle sanzioni, lasciandone il peso sulle fragili spalle dell’Europa che ora, proprio a causa delle montagne russe delle materie prime, non sa come fermare l’inflazione. Il rialzo graduale e insistente dei tassi non è stato in grado di intaccarla, agitando nel contempo lo spettro della recessione. All’iniziale depressione dei mercati finanziari fino all’autunno, è seguito il grande rimbalzo, che ha riportato l’azionario, in alcuni mercati, a livelli prebellici. La fase virtuosa è proseguita ben più a lungo del previsto. L’inflazione è rimasta, ma i mercati finanziari sembrano essersi dimenticati della guerra. Sembra quindi corretta la recente affermazione di Warren Buffet:“spesso le azioni scambiano a prezzi davvero folli, in alto o in basso. Ilmercato efficiente esiste solo nei libri di testo”. In questi giorni, i mercati del nostro continente hanno registrato performance migliori di quelli americane, influenzate anche dai verbali Fomc in cui si è ha ribadito l’avanti tutta sui tassi. Bce e Fed restano quindi allineate al rialzo. A rischiare, nel secondo semestre, potrebbe essere soprattutto l’azionario. Con alcune eccezioni: il mercato italiano ha tutti i numeri per contenere eventuali danni perché sbilanciato sui titoli bancari, strutturalmente favoriti da un costo alto del denaro. L’obbligazionario, invece, potrebbe rivelarsi in grado di prendere la parte positiva del rialzo e rilanciarsi ulteriormente.

(di Carlo Vedani, amministratore delegato di Alicanto Capital)