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Attacco hacker, quale impatto sui mercati?

L’aggressione informatica che ha coinvolto soprattutto alcuni paesi occidentali lo scorso fine settimana non ha influito sull’andamento delle Borse. Intanto, i listini hanno ancora una volta ignorato il rialzo dei tassi di Bce e Fed, mostrandosi più preoccupati per le tensioni Usa-Cina e per i dati “troppo” positivi del mercato del lavoro americano

Il clamoroso attacco ransomware del 5 febbraio ha colpito migliaia di server nel mondo. In Italia sembra non siano stati coinvolti settori critici per la sicurezza dello stato. Il rischio di aggressione informatica era già stato identificato e le patch per difendersi erano disponibili, ma non tutti le hanno installate e i danni per chi non ha provveduto a proteggersi potrebbero ammontare a vari miliardi di euro. Al momento le Borse hanno ignorato l’evento: potrebbero dunque risentirne “a scoppio ritardato” se i dati trimestrali dovessero evidenziare cali negli utili dovuti all’assalto ransomware. Fino ad allora i mercati proseguiranno con il loro dinamismo, in un semestre in cui le Borse hanno avuto un avvio mediamente positivo e sono capaci di assorbire notizie negative. Ad innervosire i mercati sono stati il caso del pallone-sonda cinese e i dati “troppo” positivi del lavoro Usa. Nessuna reazione per l’aumento dei tassi da parte di Bce (50 punti base) e Fed, né per le nuove esternazioni di Christine Lagarde che ha affermato che neppure il mese prossimo arriveremo al picco di inflazione e che c’è “tanta strada da fare”. Queste posizioni sono però imprecise. Si parla di un’inflazione oltre il 10%, ma quella tendenziale è già sotto il 4%. Le Banche centrali stanno compiendo gli stessi errori del 2008: il rialzo dei tassi deciso in contemporanea con vari segnali di rallentamento. Discutibile anche la tempistica dell’operazione: se i ritocchi fossero stati decisi prima, l’inflazione sarebbe stata bloccata sul nascere. 

Se il prezzo del gas sembra stabilizzato, a preoccupare è, invece, un possibile rimbalzo del petrolio. Il drammatico e catastrofico terremoto in Turchia e Siria ha causato la sospensione di un oleodotto e dell’attività di un impianto petrolifero. Inoltre è entrato in vigore l’embargo sui prodotti russi raffinati, che ci priverà di molti barili di diesel leggero che però, probabilmente, ci arriveranno tramite l’intermediazione di paesi terzi. A preoccupare maggiormente è la speculazione che i gruppi specializzati nella raffinazione potrebbero attuare, ritoccando al rialzo i prezzi. Tutto questo mentre i produttori europei di automobili cominciano a prepararsi per la scadenza del 2035. Renault, Nissan e Mitsubishi stanno sviluppando un approccio comune all’innovazione ibrida e soprattutto elettrica per creare economie di scala per affrontare le nuove sfide della mobilità. 

Indicazioni positive sono arrivate da Meta: ai risultati del quarto trimestre superiori alle attese si aggiunge la performance eccezionale da inizio anno, un +50% che fa di Meta uno dei migliori titoli tecnologici. Occorrerà però capire se il momento d’oro del gruppo potrà durare, a causa dello scetticismo sul progetto-metaverso, che, dopo le fiammate iniziali, sembra relegato un po’ in second’ordine. 

(di Carlo Vedani, amministratore delegato di Alicanto Capital)

Carlo Vedani
Carlo Vedanihttps://alicantocapital.com/
Collaboratore. Amministratore delegato di Alicanto Capital
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