mercoledì 19 Febbraio 2025

Quando gli insulti diventano sport nazionale: Liliana Segre, l’odio social e l’arte di non pensare

Benvenuti nel paese dove la memoria storica non solo non è più di moda, ma viene pure presa a sassate nei commenti social. A La Spezia, città della “Porta di Sion”, l’iniziativa di proiettare un documentario su Liliana Segre, testimone della Shoah, è diventata occasione per uno spettacolo degno del peggior circo dell’ignoranza.

Cosa c’entra il Green Pass con Auschwitz? O il conflitto israelo-palestinese con la testimonianza di una deportata? Nulla, assolutamente nulla. Eppure, sotto al post della Mediateca Regionale, abbiamo assistito al festival dell’assurdo: insulti, accuse infondate e paragoni grotteschi, come se sparare frasi sconnesse fosse un diritto sacrosanto.

La cosa più inquietante non sono neanche gli insulti, ma la lucidità con cui certi utenti sono capaci di sdoganare l’odio come se fosse un’opinione. E qui arriva la parte che fa venire i brividi: i nazisti, sì, quelli veri, quelli del Terzo Reich, probabilmente morirebbero di vergogna davanti a certe esternazioni. Paradossale, no?

Quando i gerarchi nazisti videro i campi di concentramento croati, ne rimasero inorriditi: troppo crudeli perfino per loro. Chissà cosa penserebbero oggi leggendo questi commenti, dove l’antisemitismo e l’odio si mescolano con teorie campate per aria. Probabilmente alzerebbero le mani: “Ci dispiace, signori, ma noi queste cose non le avevamo nemmeno pensate. Goebbels avrebbe bisogno di un corso di aggiornamento per stare al passo.”

“A Vlasenica e a Kladanj, perfino stomaci forti come quelli dei nazisti rimasero sconvolti alla scoperta di decine di bambini impalati. Il 17 febbraio del 1942, i comandi della Gestapo di Sarajevo inviarono un rapporto al Reichsführer, Heinrich Himmler, denunciando la crudeltà e il sadismo degli alleati croati: «Sta crescendo l’attività di bande dedite ad atrocità contro la popolazione ortodossa. Gli ustascia compiono atti bestiali non solo contro uomini, ma soprattutto contro persone deboli, donne e bambini. Stimiamo che siano circa trecentomila gli ortodossi massacrati e torturati sadicamente dai croati».

Maledetta Sarajevo, F. Battistini, M G. Mian,

Libertà d’espressione o libertà d’odio?

Noi, come redazione, abbiamo difeso a spada tratta la libertà di pensiero e la satira. Ma questo non è pensiero, non è satira, non è nulla che abbia a che fare con il dialogo o il confronto. È violenza pura, fatta di parole vuote che urlano più forte per nascondere il vuoto di chi le scrive.

C’è una domanda che tutti dovremmo porci: fino a che punto la libertà sui social può giustificare un tale abisso? Quando l’odio diventa normalità, quando le vittime di ieri vengono insultate e ridicolizzate, non siamo più di fronte a opinioni: siamo davanti al fallimento.

Forse è arrivato il momento di ricordare ai leoni da tastiera che l’Olocausto non è un argomento di moda, da usare per raccattare like. Ogni insulto lanciato a Liliana Segre è un monumento al fallimento della memoria, ma anche alla sua forza: perché lei è ancora qui, mentre i vostri commenti non passeranno mai la storia.

Goebbels ringrazia, cari hater. Non avrebbe saputo fare di meglio. Anzi, probabilmente vi invidierebbe per l’abilità di trasformare ogni post in una gara a chi insulta di più. Noi, invece, ci limitiamo a ricordarvi che, mentre siete impegnati a vomitare odio, c’è ancora chi cerca di salvare quello che resta della dignità umana. Ma non preoccupatevi, anzi: continuate pure a scrivere, la storia si ricorderà anche di voi… forse, ma come un triste meme.

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