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A breve, i ministri dell’Economia dei paesi Ue si riuniranno per ufficializzare le misure contro il caro-energia. Ma le proposte giunte finora sono deboli e contraddittorie e l’urgenza non è stata del tutto recepita dalla classe politica europea. Intanto, una dichiarazione di Ursula von der Leyen provoca il blocco di Nordstream 1, il rimbalzo del prezzo del gas e il calo dell’euro ai minimi dal 2002

La strategia, abbozzata dall’UE, per fermare i prezzi del gas prevede tre mosse: stabilire limiti alla tariffa all’ingrosso del metano in Europa, introdurre un prezzo amministrato per l’energia elettrica e imporre un tetto al petrolio e al gas russo.

Quest’ultima proposta ha portato Mosca a minacciare il blocco totale (e definitivo) delle forniture. Di conseguenza è risalito il prezzo del gas, e sono scese le Borse e l’euro (ai minimi dal 2002).

La terza proposta ha suscitato molte perplessità, per l’intempestività – visto il momento dominato dal panico sul caro-bollette e sulla quantità di energia disponibile il prossimo inverno – e per la ventilata disparità di trattamento tra fornitori diversi. I cittadini, più dei loro rappresentanti, hanno chiari i rischi incombenti e hanno capito quanto le sanzioni, lungi dal danneggiare la Russia, abbiano in realtà contribuito a finanziare la guerra, grazie ai profitti record su gas e petrolio, spingendo invece l’Europa sull’orlo del baratro. Bruxelles avrebbe dovuto premere per la pace. Invece ha percorso la strada più autolesionista possibile. E‘ difficile dire se la Russia davvero azzererà le consegne, non solo perché in prospettiva ha interesse a tenere aperto il canale dell’Europa, ma anche perché, per cambiare completamente direzione ai gasdotti e rifornire Cina e India, ci vuole tempo. E anche l’Europa non potrà rinunciare completamente al gas russo, fino alla fine dell’inverno 2025. 

Le altre due proposte Ue (i limiti alle tariffe del gas in Europa e il prezzo amministrato per l’energia elettrica) sono percorribili e urgenti. Tuttavia le misure di emergenza, se approvate, potrebbero entrare in vigore solo ad autunno inoltrato, mentre per la riforma strutturale del mercato energetico si parla di inizio 2023. Le aziende di piastrelle e di vetro stanno lanciando l’allarme “chiusura”. Sono a rischio anche il commercio al minuto e la grande distribuzione con costi energetici fortissimi. L’effetto domino sarebbe l’aumento sul prezzo del cibo.

A Londra, la posizione della nuova premier è ancora più forte di quella di Boris Johnson, con un appoggio totale alle sanzioni e alle tensioni sul fronte russo.

Dal punto di vista economico, Liz Truss ha una posizione iperliberista, che potrebbe portare a un’escalation delle tensioni con i sindacati. Lo scenario è aggravato dall’inflazione al 10% e dalle problematiche legate alle difficoltà di trovare personale.

Anche negli Stati Uniti – con un tasso di disoccupazione del 3,5% – i posti di lavoro abbondano, mentre galoppa l’inflazione.

L’euro ha raggiunto i minimi dal 2002: questo potrebbe spingere la Bce ad alzare ulteriormente i tassi a 50, forse a 75 punti.

Anche lo yen ha raggiunto i minimi da 24 anni, ma proseguirà la politica di tassi negativi ed è stato confermato al Giappone, il maggior alleato degli Stati Uniti nel Pacifico, il rating AAA, una valutazione che le agenzie non avrebbero certamente riservato ad un paese europeo.

(di Carlo Vedani, amministratore delegato di Alicanto Capital)

Carlo Vedani
Carlo Vedanihttps://alicantocapital.com/
Collaboratore. Amministratore delegato di Alicanto Capital
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