mercoledì 19 Febbraio 2025

Vezzanello e Viano visti da una scrittrice, le vacanze di Luise Doughty

Sono passati 18 anni, chissà se ancora Luise Doughty si ricorda della Lunigiana. Scrittrice, drammaturga e giornalista britannica raccontò in un articolo sul Guardian delle sue vacanze nei paesini della valle del Lucido, a cospetto della imponente e massiccia sagoma delle Alpi Apuane.

Il paesino in cui stavamo andando, Vezzanello, era vicino a un altro chiamato Viano, dove io e Jerome abbiamo trascorso la nostra prima vacanza di coppia. Oh, ci siamo già stati, che noia”, brontolai, ma a parte questo non ci pensai più. Solo mentre percorrevamo la valle, attraversando e riattraversando il tortuoso fiume Aulella, la catena di colline che si stagliava davanti a noi mi fece sussultare: “Oh mio Dio, è la nostra montagna!“.

Per chi non fosse pratico, Vezzanello è un paese piccolissimo, sulla sommità di una collina, qualche decina di abitanti, ci arrivi solo se devi e se vuoi, a piedi o in auto. Il fondovalle è scomodo, una volta c’era una corriera che portava i lavoratori e gli studenti al treno, poi più niente. E forse anche questo è uno dei metodi con cui si è incentivato, negli anni, lo spopolamento dei borghi. Ma torniamo a Luise e alla sua vacanza.

Dieci anni fa (nel 1996) Jerome e io avevamo trascorso una settimana fuori stagione fissando proprio quella montagna e facendo tutte le altre cose che le coppie senza figli fanno quando vanno in vacanza: sdraiarsi, fare lunghi pranzi, passeggiare senza meta nei siti di interesse storico leggendo la guida e annoiandosi un poco.
Verso la fine del nostro viaggio, eravamo andati a fare una passeggiata dal “nostro” villaggio e Jerome aveva disegnato un bellissimo schizzo a matita con la montagna sullo sfondo, mentre io mi sdraiavo sull’erba accanto a lui e leggevo un romanzo. È uno dei miei ricordi più nitidi dei primi tempi della nostra relazione, un periodo in cui eravamo perfettamente rilassati insieme. Il disegno è ora appeso nel corridoio della nostra casa di famiglia e ho sempre detto che, nell’improbabile caso di una separazione, l’unica cosa sua che vorrei è la foto di Viano.

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Viano

Anche Viano, per chi non lo conoscesse, sta sulla cima di un rilievo collinare che lo fa sembrare imponente, ha una torre che gli dona un’aria storica squisitamente medievale, anche se più di recente è stato importante per la resistenza di questi luoghi nella seconda guerra mondiale. Dalla sua altura si domina tutta la vallata, a destra le Alpi Apuane, a sinistra parte della valle del Lucido e di fronte quello che si vede di tutta la Lunigiana, compresi gli Appennini. Un panorama mozzafiato.

Un decennio e due figli dopo, usciamo dalla strada principale e iniziamo a salire i tornanti fino a Vezzanello. L’ultima volta abbiamo noleggiato una Fiat 127. Questa volta si tratta della nuova Renault Scenic, dotata di un’ampia dotazione di sicurezza. Dieci anni fa, arrivati alla nostra casa, uscivamo subito in terrazza con una bottiglia di vino; questa volta, ci chiediamo come controllare gli orari di apertura del supermercato più vicino e se venderà pannolini assorbenti abbastanza grandi per il nostro bambino. L’ultima volta ho messo in valigia la mia biancheria intima più bella. Questa volta sarò fortunata se, nel caos della partenza, mi sarò ricordata di portarne un po’.
Mentre ci avviciniamo a Vezzanello, passiamo davanti al bivio per Viano. “Pensi che dovremmo andare a dare un’occhiata, magari più avanti nella settimana?”, propongo timidamente.
“Certo”, mi risponde Jerome, senza alcun sentimento. Perché no?

Se Luise oggi sapesse che di supermercati ad Aulla almeno ce ne sono almeno il doppio se non il triplo, ma sempre meno “botteghe” locali, dove prendere una pagnotta di pane, il latte, o un bar dove prendere un gelato la sera, d’estate.

Ed ecco l’argine sassoso del fiume nel villaggio termale di Equi Terme, dove ci siamo fermati a sguazzare nell’acqua e a discutere se visitare o meno le grotte.
A metà del nostro viaggio i bambini sono stanchi delle nostre reminiscenze. L’ultima volta che io e papà siamo stati qui”, dico alla bambina di otto anni sul binario della stazione di Monzone, ‘abbiamo preso un treno per Lucca proprio come quello che prenderemo oggi’. Lei sgrana gli occhi.

Lucca è molto diversa dalla visione agreste e bucolica della Lunigiana, il ritorno dopo la gita Toscana, colpisce molto Luise.

L’ultimo giorno prima di rientrare a casa, ristabilita l’armonia familiare, troviamo il coraggio di rivisitare Viano. È l’ultimo paese della nostra catena montuosa, così piccolo che non è nemmeno segnato sulla mappa. La casa del XVI secolo in cui abbiamo soggiornato in precedenza era una delle più giovani: molti edifici sono medievali.
È domenica. Le strade sono vuote e le campane delle chiese suonano. Fa caldo e la maggior parte delle case ha le porte aperte. Gli odori di cucina e l’occasionale tintinnio di una radio si diffondono. Troviamo la stretta strada a schiera dove si trovava la nostra vecchia villa e la percorriamo trascinando i bambini, ma non riusciamo a decidere quale porta fosse la nostra. È un sollievo.
Mentre torniamo verso la macchina, mi viene improvvisamente in mente che, durante la nostra ultima visita, sono andata a fare una passeggiata da sola e ho incontrato tre anziane signore, tutte più basse di me di un metro e mezzo. Le ho salutate nel mio povero italiano e loro si sono fermate a sorridere, annuire e discutere tra loro. Interpretando le loro parole dalle loro espressioni, ho capito che si chiedevano perché una donna della mia età non fosse sposata e non avesse figli. Dai loro gesti è emerso chiaramente che ritenevano che la risposta dovesse risiedere nel fatto che ero così stranamente alta e magra.
Mi viene un improvviso desiderio di incontrare le signore anziane e di indicare le mie due bellissime figlie. Guardate! Non sono poi così strana. Sono profondamente felice e grata per ciò che mi hanno portato gli ultimi 10 anni, ma so che non mi è piaciuta l’esperienza di rivisitare il passato. Ora sono un genitore e la mia paura di guardare indietro è, ovviamente, un’ansia sublimata per il futuro.
Se torneremo tra altri 10 anni, nostra figlia maggiore sarà adulta, forse in procinto di andare all’università. Jerome e io saremo entrambi grigi. Cos’altro sarà cambiato?

L’esperienza di Luise, come quella di chi è rimasto ad abitare qui non sono poi molto diverse. Guardare questi paesi, queste strade, gli alberi e i monti, il silenzio che spesso attanaglia, soprattutto di notte, le vite di ognuno, fa sembrare gli ultimi 30 anni come un’epoca intera, perduta, trasformata e profondamente modificata. Forse perché di persone anziane che stanno a parlare tra loro per la strada ce ne sono meno, perché molte case sono abitate solo in estate. Viene da pensare, che sarà di Vezzanello, Viano, Monzone e la storia che hanno avuto? Sarà possibile costruirne un’altra, diversa, come fosse figlia di quella che è stata?

L’articolo di Luise Doughty è tratto a Observer.

In Italia molti suoi articoli sono stati pubblicati dal settimanale Internazionale.

Diego Remaggi
Diego Remaggihttp://diegoremaggi.me
Direttore e fondatore de l'Eco della Lunigiana. Scrivo di Geopolitica su Medium, Stati Generali e Substack.

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