7 Novembre 2024, giovedì

Per l’Arte Povera, OTP Cinque Terre. Intervista a Ilaria Bernardi, curatrice

A una settimana dall’apertura delle mostre, chiediamo ad Ilaria Bernardi, curatrice, di raccontarci di OTP – Orizzonte Terzo Paradiso, il progetto ora in corso alle Cinque Terre.

Come nasce il progetto?

«Il Comune di Vernazza tre anni fa ha vinto il bando del Ministero dell’Interno, Dipartimento per gli affari interni e territoriali, per la rivalutazione delle piccole e medie città d’arte e dei borghi, con un progetto leggermente diverso da quello che vedete ora. Ciò che già c’era era il riferimento a valori e sostanza del Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto, alla sua presenza a Corniglia. Dieci mesi fa, con il mio ingresso come esperta di arte povera, abbiamo pensato di ampliare il progetto, anche considerando il finanziamento di cui si disponeva. La mia idea era quella di allargare il taglio del programma, rendendo omaggio non solo a Michelangelo Pistoletto, ma in generale all’Arte Povera, arte che non vede omaggi dal lontano 1967, anno della storica collettiva a cura di Germano Celant. Il legame tra arte povera e Liguria poteva essere la base su cui strutturare un progetto che, da un lato, omaggiasse e ricostruisse anche documentalmente storia e momenti dell’arte povera; dall’altra re-inserisse quest’arte nel territorio, nell’incontro tra maestri ed esponenti della nostra epoca. Per questo troviamo Michelangelo Pistoletto, omaggiato in public program, e Alighiero Boetti, omaggiato in mostra, dialogare con opere, anche site specific, di altri artisti contemporanei che, per certi aspetti, fanno riferimento alla loro pratica».

Un public program già passato. Com’è andata?

«Il public program era strutturato in otto eventi dislocati in luoghi diversi tra Vernazza e Corniglia. Li abbiamo scelti non solo per valorizzare posti meno visitati, ma poi perché delineassero materialmente il simbolo del Terzo Paradiso, fisicamente e (più chiaro) sulla mappa. Ogni evento è stato interdisciplinare con azioni più prettamente legate all’arte contemporanea – come il talk con Anna Costantini, che molto ha lavorato con Celant – ed azioni capaci di riportarci (“in real time”) nel legame tra territorio ed arte povera. Fra questi, il 25 giugno, un momento molto speciale, in apertura: con il talk inaugurale di Michelangelo Pistoletto in occasione tra l’altro del suo novantesimo compleanno (bella partenza). Abbiamo poi avuto musica, con due concerti, uno al tramonto e uno all’alba, storia locale con Giorgio Pagano che ha ripercorso gli anni del ’68, per spiegare, contestualizzare la nostra ‘ricerca’. Ad ogni evento era associata una parola importante per l’arte povera: da azione a partecipazione, ambiente, natura, tutte parole d’ordine importanti per il movimento, elementi cardine della ricerca degli artisti, dell’epoca e di ora»

Qual è stato il coinvolgimento di Pistoletto?

«Città dell’Arte (Onlus di Pistoletto) è nostro ente patrocinante: coinvolta fin dall’inizio, la Fondazione ha visionato e approvato il progetto prima che questo si realizzasse. Poi, certo, l’omaggio a Michelangelo Pistoletto, iniziale, con sua partecipazione, è stato un modo per avere la sua benedizione. In quell’occasione, a Corniglia, a Pistoletto è stato dedicato un grande wallpaper che rimarrà come opera permanente. È una foto storica, ritrovata, della performance “Lettera A”, realizzata nel Fosso dove ora potrete vedere la stessa foto in wallpaper. Pistoletto iniziò in quegli anni a fare spettacoli con lo Zoo, gruppo partecipativo di performance. A Corniglia e Vernazza ne ha realizzate molte».

Oltre Pistoletto, anche Alighiero Boetti ha un legame speciale con le Cinque Terre.

«Boetti arriva a Vernazza nel 1965 quando compra un ‘rudere’ nella località di Prevo, proprio sotto San Bernardino, ed inizia a frequentarla assiduamente. Ciò accade fino agli inizi degli anni Ottanta, quando ha un tremendo incidente. Successivamente la famiglia lascia e vende la casa, lui comunque continua a tornare. Poco prima di morire è ospite dell’albergatore più importante di Vernazza, Gianni Viacava, con il quale ha un rapporto d’amicizia molto stretto e assiduo. Boetti è di casa, alle Cinque Terre. Lì ha ospitato amici artisti, ci sono foto di Salvo Mangione, lì ha lasciato alcune opere, ad amici e amiche, è stato un legame veramente forte. Gli amici, sì, hanno partecipato all’evento. In mostra ci sono le opere di collezionisti che ancora abitano o frequentano le Cinque Terre».

Ci dicevi che hai voluto coinvolgere anche artisti giovani. Come?

«Ho scelto tre artisti che da sempre hanno dichiarato un legame con Alighiero Boetti o Michelangelo Pistoletto. Non è stato quindi un rapporto forzato, ma naturale. Stefano Arienti ha conosciuto Boetti, mai nascondendo che lui fosse il suo riferimento spirituale rispetto all’approccio all’arte. Non poteva esserci omaggio più grande che chiamare Arienti a lavorare col suo maestro, tanto che lo stesso Arienti ha sottolineato questo suo legame dedicando al planisfero, tema cardine di Boetti, le sue due opere. I Vedovamazzei, ugualmente, hanno sempre fatto riferimento alla poetica di Boetti in termini approccio all’arte, ironia e defunzionalizzazione degli oggetti: le loro installazioni richiamano gli oggetti domestici defunzionalizzati di Boetti. La “Sedia” (1966) è ripresa da una altra, loro, sedia luminosa, non utilizzabile. Con gli stessi oggetti i Vedovamazzei fanno poi riferimento a “Oggetti in meno” di Pistoletto (1965-1966). Ultima non ultima, Marinella Senatore, che ha sempre dichiarato che la sua attitudine partecipativa è stata ispirata al Manifesto della Collaborazione che Pistoletto portò anche alla Biennale. Non a caso le luminarie realizzate dall’artista per l’occasione sono a Corniglia, terra di Pistoletto, ad evidenziare il legame».

Tu hai lavorato molto con Germano Celant, dell’arte povera teorizzatore.

«Sì, l’ho conosciuto grazie ad incontri, ai miei studi e alle prime esperienze. Io, che mi sono sempre dedicata all’arte povera, all’inizio ho lavorato con Giulio Paolini all’archiviazione e catalogazione delle sue opere, poi al Castello di Rivoli, conoscendo altri artisti, critici ed esponenti di quest’arte. Tra questi Celant, che ho poi anche invitato ad un talk al Castello di Rivoli, curato da me. Abbiamo cominciato a lavorare assieme. Tra le cose realizzate, la monografia su Claudio Abate, per la quale io ero assistente, lui curatore, uscita purtroppo post mortem (nel 2023, per Silvana Editoriale). È una monografia molto importante perché ricostruisce tutta la storia degli anni delle ricerche artistiche romane e torinesi tramite l’occhio di Claudio Abate. Celant credo sia stato il curatore e storico più importante della seconda metà del Novecento italiano, ha insegnato e dovrebbe insegnare i fondamenti del suo lavoro a tutti i curatori del presente e futuro, perché il suo lavoro si fonda sul rigore formale e intellettuale. Celant non si è mai basato sulle interpretazioni, ma sui fatti e sui documenti. Diceva che il curatore deve fare un passo di fianco agli artisti piuttosto che soverchiarli, come invece accade ed è accaduto con altre tipologie di approccio curatoriale».

A che punto è l’Arte Povera, dunque?

«A inizio ottobre, a Parigi, alla Bourse de Commerce, inaugurerà una grande mostra curata da Carolyn Christov-Bakargiev, un ulteriore riconoscimento internazionale. Io stessa l’anno scorso ho curato invece la prima mostra dedicata all’arte povera dopo la morte di Celant, prima mostra sull’arte povera nel continente africano, al Wits Art Museum di Johannersburg. È un movimento ormai conosciuto a livello internazionale, non volendo credo abbia insegnato molto alle generazioni successive. I suoi artisti non hanno mai voluto fare scuola, ma data l’importanza del loro lavoro hanno comunque generato ed influenzato il lavoro delle generazioni successive. Ad oggi credo sia stata studiata a fondo, pur avendo ancora elementi da portare in luce. Spero che progetti anche piccoli come questo possano contribuire a indagarla sempre più, a riconoscerne ogni aspetto ancora importante».

Tornando a OTP, quali altri eventi sono in programma prossimamente?

«Stiamo lavorando per organizzare visite guidate specifiche per le scuole e curate da me, una serie di eventi più che altro rivolti alla didattica e all’educazione. Tutti gli appuntamenti saranno comunicati tramite social e sito web (@otp.cinqueterre). In occasione del finissage presenteremo invece il catalogo, cartaceo e digitale. Cosa resterà, delle opere? Il mosaico di Arienti al Castello Doria di Vernazza, inamovibile. Il disegno omaggio a Corniglia e Vernazza di Marinella Senatore. La foto dello Zoo di Pistoletto, il wallpaper».

Venendo al futuro: quali intenzioni avete?

«L’idea è quella di strutturare un progetto biennale, con una piccola mostra o iniziativa nell’anno di mezzo, a ricordare, a tener desta l’attenzione. Ovviamente speriamo di riuscire, perché la prima edizione è stata realizzata con un fondo ministeriale. Vorremmo non fosse un unicum, ma bisogna lavorare per trovare le risorse necessarie».

E il territorio come ha risposto? E quale è stata la relazione?

«Ti ringrazio per la domanda perché mi porti a parlare di uno degli aspetti a cui tengo di più, assolutamente. Come vedrete le mostre ed iniziative sono “piccole” in termini di dimensione e questo perché la sfida più importante era dotare luoghi e comuni delle infrastrutture necessarie. Dovevamo dotare il Comune di strutture adeguate per fare mostre. Per esempio, le installazioni esterne richiedevano sistemi di telecamere non presenti mentre l’opera di Boetti richiedeva la realizzazione di una struttura specifica all’interno della Chiesa: di una stanza ignifuga di 5,5 x 5 con sistemi di protezione museale, video-sorveglianza, sensori, allarme. Così si è fatto un “cubo dell’arte” utilizzabile anche per mostre successive. Il nostro obiettivo non era, non tanto, solo e soltanto quello di “fare mostre”, ma anche e soprattutto quello di realizzare interventi a lungo termine. Come del resto era richiesto dal finanziamento, ciò che ci interessava era aprire il Comune a questa ed altre progettualità culturali, anche complesse. La risposta del pubblico è stata molto positiva. Il public program è stato in questo senso funzionale, percorso di avvicinamento alle mostre. Da principio abbiamo cercato di far capire l’importanza di ciò che andavamo a fare. Non a caso abbiamo scelto di puntare molto sulla bassa stagione. Di creare un’attrattiva diversa, non turistica ma culturale, che poco prima non c’era. Ora c’è».

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Abbiamo parlato con / Ilaria Bernardi (1985), curatrice e storica dell’arte contemporanea.

Oltre a interessarsi alle pratiche artistiche internazionali più attuali, in particolare a quelle legate alle tematiche sociali e ai diritti umani, è specializzata nell’arte italiana dal dopoguerra a oggi, con specifica attenzione alla ricerca degli artisti dell’Arte povera. Attualmente è curatrice delle attività espositive dell’Associazione Genesi e, in particolare, è ideatrice e curatrice del Progetto Genesi. Arte e Diritti Umani, iniziativa espositiva ed educativa itinerante promossa dall’Associazione Genesi dal 2021. Collabora inoltre stabilmente con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale per la promozione dell’arte contemporanea italiana all’estero. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia dell’arte e l’Abilitazione Scientifica Nazionale per Professore associato in Storia dell’arte contemporanea: data la sua ampia esperienza come responsabile e consulente scientifico di archivi d’artista nonché di collezionisti privati, dal 2022 è docente del corso in Archivi d’Artista previsto per gli studenti del secondo anno del Master “Arte, Valorizzazione e Mercato” presso l’Università IULM di Milano. Tra le sue precedenti collaborazioni, Ilaria Bernardi ha lavorato, tra gli altri, con Germano Celant e, al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, con Carolyn Christov-Bakargiev. Ha curato mostre per istituzioni pubbliche per importanti sedi espositive in Italia e all’estero, tra cui: Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma; Palazzo delle Esposizioni, MAXXI, Auditorium Parco della Musica, a Roma; Triennale, a Milano; Villa e Collezione Panza, a Varese; Museo di Santa Giulia, a Brescia; Fondazione Ragghianti, a Lucca; Museo del Novecento e del Contemporaneo di Palazzo Fabroni, a Pistoia; Magazzino Italian Art, Italian Cultural Institute, ArtOmi, a New York; Istituto Italiano di Cultura, a Madrid; Keyes Art Mile e Wits Art Museum, a Johannesburg; 6 Spin Street, a Cape Town. Ha curato cataloghi di mostre e monografie, e ha pubblicato numerosi saggi in volumi, atti di convegni, e riviste scientifiche. Tra le sue monografie ricordiamo: Marinella Senatore (Silvana Editoriale, Milano 2022); Arcangelo Sassolino (Silvana Editoriale, Milano 2022); La Tartaruga. Storia di una galleria (Postmediabooks, Milano 2018); Giulio Paolini. Opere su carta (Prinp – Editoria d’Arte 2.0, Torino 2017); Teatro delle Mostre. Roma, maggio 1968 (Scalpendi, Milano 2014). Ha collaborato a riviste scientifiche e periodici specializzati ed è stata relatrice di numerosi convegni in Italia e all’estero. Tra i Paesi in cui ha collaborato a mostre e/o pubblicazioni vi sono: Stati Uniti, Spagna, Francia, Germania, Svizzera, Inghilterra, Italia, Romania, Senegal, Sudafrica.

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