Sergio Mattarella e il presidente tedesco Frank Walter Steinmeier si sono incontrati ieri a Fivizzano e hanno dato una grande lezione di democrazia, lontana dalla retorica in cui molto spesso si cade per indugiare nel ricordo struggente di anniversari su cui a piangere è un’intera comunità.
Quello che accadde nel comune di Fivizzano 75 anni or sono fu l’estrema sintesi di un sanguinario progetto di odio portato a compimento da due regimi nazionalisti che sono riusciti ad uscire dal buio del passato elaborando il proprio lutto e proponendo la costruzione di una casa comune sovranazionale su cui poggiare le fondamenta per un futuro di pace e prosperità.
Non dobbiamo dimenticare, ha detto Mattarella, che l’Europa di oggi è nata dalle ceneri del totalitarismo, che il nostro paese, l’Italia, ha saputo elaborare una Costituzione il cui intento è stato sempre quello di porre le basi per una convivenza egualitaria e pacifica. È necessario non dimenticare i drammi della nostra nazione, quella di una democrazia che ha saputo lottare contro il nazifascismo attraverso la Resistenza, ed ha dato vita ad un percorso di integrazione europea che deve essere la condizione necessaria per l’evoluzione storica di un intero continente.
Non è possibile sfuggire dalla propria storia, non è possibile rimanere indifferenti ed estranei verso ciò che ha portato alla costituzione della Repubblica italiana.
Sono parole semplici, di una facile comprensione, più che mai significative in un periodo in cui, come entrambi i presidenti hanno sottolineato, il miasma dei nazionalismi sta tornando lentamente ad ammorbare la scena politica internazionale.
In Italia la democrazia è messa in discussione da una rinvigorita discussione sui meriti del fascismo. Si pensa talvolta di voler apporre la maschera del Duce a quella di Matteo Salvini, ma si tratta di un esercizio inutile, che intende cercare quello che non c’è. Il fascismo è finito con Mussolini, si sente dire spesso. A non essersi mai spenta è la fiamma culturale e ideologica che lo ha alimentato. Oggi si può parlare di post-nazismo, post-fascismo, segmenti nati da una teoria comune che hanno saputo trarre vantaggio da debolezze e difetti di una democrazia liberale per egemonizzare il dibattito culturale prendendo il controllo di quello politico.
È rimanendo indifferenti che si rischia di arrivare ad una restaurazione di un pensiero reazionario, autoritario e plebiscitario, mascherato da formula innovativa che si propone di superare i vecchi schemi politici con un veicolo di verso dagli altri.
Ma, “il nostro futuro non può consistere nel ritorno a un passato di distruzioni, di oppressione dei popoli, di eccidi”, chiarisce Mattarella. “Che alle giovani generazioni venga consegnato un mondo in pace, dove l’odio e l’avversione fra i popoli siano banditi e a prevalere siano i valori del dialogo e del rispetto reciproco. Lo esige la civiltà, lo esigono i morti di Fivizzano”. Così sia.