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Ius soli e ius culturae, quali sono le differenze e perché se ne sta parlando

Negli ultimi giorni in Italia si è tornati a parlare del modo in cui è possibile per i minorenni acquisire la cittadinanza.

Riprende oggi in commissione Affari costituzionali della Camera, l’iter della proposta di legge firmata da Laura Boldrini (PD) sullo “ius soli”. La stessa commissione, un anno fa, si era occupata di una proposta di legge firmata da Renata Polverini (Forza Italia) relativa allo “ius culturae”.

Quali sono le differenze tra i due?

Iniziamo dicendo che entrambi i testi sono indirizzati verso una riforma delle modalità di acquisizione della cittadinanza, che al momento è basata sullo “ius sanguinis”.
Lo “ius soli” al momento sembra essere stato messo da parte mentre si è tornato a parlare di “ius culturae” dopo che sul tema si sono pronunciati sia il ministro della Famiglia Elena Bonetti, sia il presidente della commissione Affari Costituzionali Giuseppe Brescia.

Il primo, lo “ius soli”, prevede che chi nasce nel territorio di un certo stato ottenga automaticamente la cittadinanza e accade già in paesi occidentali come gli Stati Uniti d’America. Lo “ius culturae” è relativo al sistema scolastico e prevede che potranno diventare italiani i minori stranieri nati in Italia che vi abbiano risieduto legalmente senza interruzioni fino al termine della scuola primaria. Ciò avviene perché si ritengono i primi cinque anni delle elementari come un corso di istruzione che certifica l’avvenuta acquisizione delle conoscenze culturali e della formazione civica necessarie per una piena integrazione nella società italiana.

Secondo gli ultimi dati della Fondazione Leone Moressa sono 166mila i ragazzi stranieri che hanno completato cinque anni di scuola e rientrerebbero nel provvedimento dello “ius culturae”.

Quali partiti sono contrari a tale legge? Tra i primi ad essere contrari ci sono Lega e Fratelli d’Italia mentre Luigi Di Maio, leader dei 5 Stelle, ha dichiarato che la questione non è prioritaria così come hanno fatto sapere anche in casa PD (almeno una parte). Il ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, ha detto di essere completamente favorevole mentre Matteo Renzi (della neonata Italia Viva) si è detto possibilista se ci sono i numeri nel Parlamento e se Di Maio ci sta. L’importante, secondo Renzi, è non far diventare il percorso di tale legge una sorta di tormentone, usato a scopi elettorali, come nel passato.

Per saperne di più su “come si diventa italiani”, è interessante leggere questo articolo de Il Post.

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