11 Novembre 2024, lunedì

La tradizione in tre consistenze: intervista a Andrea Jeriri vincitore della prima Testarolo Challenge

Con il suo diverso classico, la settimana scorsa, ha vinto la prima Testarolo Challenge all’Istituto Italiano di Cultura di Londra: è Andrea Jeriri, chef APCI UK, chef italo-tunisino anzi mediterraneo 100%, come mi dice nel corso della telefonata.

Allora, Andrea, com’è andata? «Bene, molto bene: è stata una bella esperienza, oltretutto in una location come l’Istituto Italiano di Cultura, luogo ideale per la nostra cucina, per le tradizioni di una regione come la vostra». Il testarolo, ci spiega, è stato per lui stesso una scoperta: «L’ho conosciuto grazie alla Challenge ed è stata una sorpresa». Per prepararsi l’ha studiato, lavorato, lo fa sempre quando incontra qualcosa di nuovo, «è importante per la promozione del Made in Italy in Regno Unito: noi cuochi italiani all’estero siamo ambasciatori della cucina italiana».

Com’è nata la ricetta che ha conquistato la giuria? «Facendo ricerca ho visto che il testarolo viene proposto frequentemente con il pesto classico genovese, credo perché piatto principe della cucina della Toscana e della Liguria, così mi sono detto: ok, teniamo il pesto genovese, che è fatto con un basilico molto ricco di profumi, oli essenziali, con un basilico a foglia larga. Il pesto genovese è quindi lo stesso, fedele alla ricetta classica, il resto è rivisitato, la prima idea: una foam zero waste – cioè una spuma. La spuma è fatta con pecorino e parmigiano, buccia compresa. E gli stessi sono i protagonisti della cialda croccante che vedete sopra. In più ho deciso di inserire il mio basilico cristallo cioè delle foglie disidratate di basilico di Genova. Mi sono giocato questa ‘carta’: ho giocato su tre consistenze diverse – spuma, ‘sorpresa’, croccantezza».

Mi ha detto Lorenzo che da vincitore verrai qui, in Lunigiana. «Sì, sono molto contento. Il premio era un weekend di tre giorni presso i luoghi e le aziende del testarolo (Il Testarolo e La Rita). Ho già cercato su Google la Lunigiana. Ho visto che avete molto verde, cavalli, sono sicuro mi piacerà anzi non vedo l’ora di visitarla».

Tornando al piatto, pensi farà parte di qualche tuo menù? «Beh, sì, per me adesso è una nuova alternativa. Un nuovo piatto molto versatile e ancora poco conosciuto dai clienti inglesi, forse anche dai clienti di altre regioni d’Italia, penso possa entrare nei menù che realizzo come chef privato oppure su richiesta. Per clienti in cerca di qualche novità. In più la mia partecipazione alla Challenge mi ha dato modo non solo di conoscerlo ma di conoscerne la storia: così potrò riproporre la mia ricetta raccontando ai clienti non solo il prodotto, ma anche la sua storia e provenienza. È un valore aggiunto importante per chi come me è ambasciatore della cucina italiana. Sono felice che Buttero abbia introdotto il testarolo nel nostro mercato, ci voleva».

Ma chi è Andrea Jeriri? Andrea Jeriri è un cuoco italo-tunisino da vent’anni a Londra. «Sono venuto giovanissimo, quando ho compiuto 18 anni ero già qui, ho iniziato a lavorare e da sempre ho lavorato nella ristorazione (dopo gli studi all’alberghiero, a Palermo, in Sicilia; dopo le prime stagioni estive in tutta Italia). Quando ho ricevuto l’offerta per il Regno Unito pensavo di restare solo uno o due anni e invece, vedi, sono ancora qua. È che ho trovato un mondo molto diverso dall’Italia. Qui la professione del cuoco professionista è molto valorizzata e sin dalla partenza: se hai talento puoi progredire di carriera, hai molte opportunità, c’è veramente spazio di crescita. In Italia non era così e non lo è ancora. In Sicilia diciamo “Ccù niesci arriniesci” (se esci, riesci), è un motto che porto dietro con un po’ di malinconia. Nonostante sia contento, anzi lavoro per una grande azienda: qui porto avanti la mia idea di cucina». Un incrocio di culture tra cucina italiana, francese e araba. Ancora, 100% mediterranea. Però, torni, in Italia? «Sì, certo, d’estate sempre, sono i miei Caraibi, da luglio a settembre per me c’è solo la Sicilia. Dopo un anno di lavoro, a pieno ritmo, devo staccare, tornare dai miei: assolutamente devo tornare a casa».

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