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Dall’epatite C si guarisce, un incontro a Bagnone e una giornata di prevenzione

“Oggi le malattie di fegato causate dal virus dell’epatite B o C un tempo evolutive e spesso mortali si possono curare efficacemente e nel caso dell’epatite C anche guarire. L’importanza è scoprirle in tempo“.

A dirlo è la Prof. Maurizia Brunetto, direttrice dell’Unità Operativa di Epatologia e del Dipartimento di Specialità Mediche dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana e del Centro di Riferimento della Regione Toscana per la diagnosi e il trattamento delle Malattie Croniche e del Tumore del Fegato che ha incontrato a Bagnone Mareno Barbieri, Governatore della locale Misericordia e anche membro del Consiglio della Federazione Nazionale delle Misericordie d’Italia.

La professoressa, molto nota a livello internazionale per i suoi studi sull’ epatite B, C e D  si è complimentata con il Governatore per la giornata di prevenzione a Bagnone mirata allo screening della malattia di fegato come specchio della salute generale, primo evento di questo genere non solo a livello Regionale ed ha accolto molto volentieri l’invito ad organizzarne una seconda mirata questa volta a prevenire le complicazioni e la progressione delle più comuni patologie croniche che, ha annunciato Barbieri, si terrà molto presto.

“Credo – esordisce Maurizia Brunetto – che attuare una prevenzione come in questo caso  sia sulla popolazione generale che su soggetti già in terapia per patologie croniche sia un’”operazione saggia”in quanto solo la precoce identificazione dei rischi o primi segni di malattia o delle sue complicanze in fase ancora asintomatica garantisce i migliori esiti di cura. Con questo tipo di approccio è possibile identificare i soggetti a rischio per le malattie che sono oggi fra le principali cause di morte. Ripeto: l’opportunità di cura della malattia di fegato causata da virus B e C, dall’abuso di alcool e di farmaci o stili di vita inadeguati è massima quanto prima la condizione viene identificata. Ecco l’importanza di giornate come quella di Bagnone per cui è auspicabile la ripetizione”.

È vasto il  comprensorio dove lei opera?

“Si i pazienti provengono non solo dalle province di  Massa-Carrara, Pisa, Lucca, Livorno a tutta la Regione Toscana, ma da tutta l’Italia e paesi Europei dove prevale l’infezione e malattia da virus epatitici maggiori “.

Ci sono tanti casi?

“Oggi i casi di infezione cronica da virus dell’epatite B sono prevalentemente osservati in soggetti stranieri provenienti dall’Africa sub Sahariana oppure dal Centro e Sud-Est d’ Europa e si trattata di soggetti soprattutto giovani. In Italia fortunatamente grazie alla campagna vaccinale contro l’epatite B attuata dagli anni 90, le persone con età inferiore ai 40 anni sono protette dall’infezione e malattia da virus dell’epatiteB. Riguardo all’epatite C per fortuna i casi sono oggi pochi perché tutti coloro che si sono presentati dal 2015 ad oggi  sia con infezione che epatite cronica C sono guariti grazie all’efficace terapia antivirale”.

“È però necessario – precisa la Direttrice  dell’Unità Operativa di Epatologia e del Dipartimento di Specialità Mediche dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana e del Centro di Riferimento della Regione Toscana per le Malattie Croniche e del Tumore del Fegato – identificare il serbatoio residuo di persone che hanno l’infezione da virus dell’epatite C e talora anche l’epatite cronica, ma non sanno di averla. Tali soggetti dovrebbero essere individuati e trattati per evitare che nel tempo, se non trattati, sviluppino le complicanze dell’epatite cronica (cirrosi epatica e tumore del fegato)”.

“L’importanza dello screening per le malattie del fegato è data dal fatto che qualunque ne sia la causa (virus, alcool, farmaci, impropria alimentazione o altre patologie non meno importanti), esse evolvono in modo subdolo e asintomatico fino a quando non compaiono i sintomi dello scompenso funzionale epatico a causa della cirrosi o tumore del fegato. Alcuni pazienti scoprono per caso l’incipiente malattia epatica per la positività o alterazione di un indice di danno epatico quando vengono inviati dal medico curante ad eseguire un’ecografia dell’addome o un esame del sangue. Oggi almeno il 20 per cento della popolazione generale ha il fegato grasso che un fattore di rischio non solo per la malattia di fegato ma anche per tutte le principali malattie che sono oggi causa di morte prematura (cardiovascolari, endocrino-metaboliche, digestive, neoplastiche e neurodegenerative). Fortunatamente solo il 30 per cento  delle persone che hanno tale fattore di rischio sviluppano una malattia epatica evolutiva e questa nella maggior parte dei casi evolve nell’arco di decenni con un decorso, quindi, molto lungo è asintomatico“.

Come si fa allora a capire se una persona ha davvero la malattia al fegato?

“Come dicevo effettuando periodicamente la misura delle transaminasi del sangue, l’ecografia addominale e/o altri esami strumentali come la misura della rigidità e contenuto grasso del fegato indagine molto semplice, tipo quella effettuata in occasione dello screening svolto a Bagnone a cura della locale Misericordia che ha visto la presenza di specialisti della nostra Unità Operativa ospedaliera Universitaria  di Epatologia dei Pisa”.

Il diabete può causare una malattia al fegato?

“Assolutamente sì. È infatti dimostrato che sia il diabete che l’obesità si associano spessissimo alla presenza di malattia epatica metabolica evolutiva in un numero significativo di casi e inoltre la cura del diabete, oggi effettuato con farmaci molto efficaci porta anche al miglioramento della malattia del fegato. Mi preme precisare che spesso in soggetti con steato-epatite (fegato grasso con infiammazione) esiste un’alterazione del metabolismo degli zuccheri, l’insulino-resistenza, che se non adeguatamente curata può portare al diabete. In altre parole la presenza di l’insulino resistenza nei soggetti con steato-epatite può essere considerata una condizione prediabetica che compare anni prima del diabete conclamato. Migliorare il controllo del metabolismo degli zuccheri con un adeguato stile di vita effettuando periodicamente il controllo della glicemia, dei livelli plasmatici di insulina ed emoglobina glicosilata aiuta là dove è presente non solo a migliorare la steato-epatite,ma anche a prevenirla nei soggetti con fegato grasso senza infiammazione.

Quanto dura in media una visita da voi?

Il tempo necessario per raccogliere un’accurata storia clinica del paziente in modo da orientare la scelta degli esami di sangue più indicati, effettuare l’ecografia addominale superiore e determinare ecograficamente la rigidità e il contenuto grasso del fegato epatico mediante strumenti automatici; quindi come si può capire non dura solo 30 minuti. L’elastografia epatica è una metodica diagnostica ecografica utile a quantificare la fibrosi epatica, vale a dire il fenomeno di cicatrizzazione che consegue a malattie come l’epatite virale e che può portare alla cirrosi epatica ed è effettuata con strumenti automatici che evitano la variabilità di misura operatore dipendente”.

Per curare queste persone occorre una grossa specializzazione?

“Credo che occorra essere esperti nel proprio settore, “artigiani”, cioè saper cogliere i particolari, gli indizi che guidano nel sospetto diagnostico e infine nell’identificazione della malattia (se presente). Ciò permette di effettuare una nella gestione personalizzata della salute a livello del singolo  paziente. L’importante comunque in questa patologia è curarsi oggi più di ieri con la disponibilità attuale sia degli strumenti diagnostici chedei farmaci necessari”

Dottoressa quale è l’importanza dei farmaci antivirali?

“Gli antivirali che abbiamo oggi sono molto potenti, basti pensare che un soggetto colpito da epatite C con soli tre mesi di cura e cioè assumendo solo una/tre pasticche al giorno senza effetti collaterali guarisce eliminando sia l’infezione che la malattia di fegato. Per l’epatite B, abbiamo altri farmaci antivirali che a differenza dell’epatite C vanno presi per tutta la vita, ma sono altrettanto efficaci nell’inibire la replicazione del virus e per questo determinano la regressione della malattia di fegato”.

Redazione
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