Cassette vuote, cultivar locali in pericolo ed economie di montagna in difficoltà. Il 2023 non è certo l’anno della patata (Solano tuberosum). I cambiamenti climatici ne hanno dimezzato la produzione e sono sempre di più una minaccia per il futuro di una delle varietà autoctone più “fragili” del paniere regionale e lunigianese come la patata di Zeri conosciuta anche come Formentera.
Inserita nella lista dei prodotti tradizionali, è coltivata da un piccolo gruppo di pataticoltori in quella che è storicamente una terra di pascoli ad oltre 1000 metri di altitudine ma è dal 1777 che si semina da quelle parti. Tutt’oggi è una risorsa importante per l’autosostentamento delle famiglie e per le aziende agricole, una fonte di integrazione al reddito contadino fondamentale per un’agricoltura sempre più eroica.
Ma è anche un ingrediente per la ristorazione: la patata zerasca accompagna per esempio uno piatto della tradizione come l’agnello cotto nei testi che è un simbolo dell’arte culinaria lunigianese. A dirlo è Coldiretti Massa Carrara secondo cui la produzione di patate, a causa del caldo estremo e dell’umidità, sarà più che dimezzata quest’anno.
“Parliamo di una riduzione della produzione importante, nell’ordine anche di oltre il 50% a seconda della zona e dell’altitudine, che inciderà pesantemente sulle imprese agricole che attraverso la vendita diretta e la loro lavorazione traggono una redditività importante soprattutto in quei territori, come quelli montani, dove fare agricoltura è più difficile ed oneroso e dove l’azienda agricola è il motore sociale, economico ed umano di borghi e paesi”, spiega Francesca Ferrari, Presidente Coldiretti Massa Carrara.
“I cambiamenti climatici stanno mettendo in pericolo il Made in Italy agroalimentare, dal vino ai formaggi fino ai salumi, insieme ad un patrimonio inestimabile fatto di piccole produzioni agricole tradizionali di cui gli agricoltori sono custodi senza dimenticare che nove tipicità su dieci regionali nascono e vengono prodotte nei piccoli comuni con meno di 5 mila abitanti. L’agricoltura è l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze del surriscaldamento ma è anche il settore più impegnato per contrastarli. Una nuova sfida per le imprese agricole che – prosegue la presidente della Coldiretti apuana – devono interpretare le novità segnalate dalla meteorologia e gli effetti sui cicli delle colture, sulla gestione delle acque e sulla sicurezza del territorio”.
Il passaggio della raccoglitrice che “scava” con delicatezza per portare alla luce le radici nascoste sottoterra non lascia dietro la solita generosa scia di patate che vengono selezionate poi a mano dagli agricoltori. Le cassette sono per metà vuote e le pezzature piccole.
Barbara Conti, pastora custode di prima generazione ne raccoglie ogni anno tra i 60 e gli 80 quintali. “È un’annata negativa per la patata. La produzione ha avuto una riduzione di due terzi: siamo nell’ordine del 70% di prodotto raccolto in meno. Qui da noi ha piovuto molto ma ha anche fatto molto caldo creando le condizioni di umidità perfette per attivare la peronospora che infetta le foglie. Quest’anno non potremo contare su un prodotto molto ricercato legato a questi territori e che coltiviamo con grande passione ed attenzione. Per la nostra piccola azienda, che basa la sua sostenibilità anche sulla produzione di patate, è un duro colpo”.
Bianca, rossa e gialla, la patata di Zeri ha un forma piuttosto rotondeggiante. La rossa, con buccia rossastra e colore della pasta bianco, è adatta ad una lunga cottura perché non perde consistenza. La bianca, con buccia chiara e polpa giallognola, è adatta per la frittura. La zale, di pasta gialla, ha dimensioni modeste ed è tenera, saporita e dolce, ottima per la cottura in forno o in acqua.
Arrivato in Europa dopo la scoperta dell’America con l’etichetta di “tubero del demonio”, la patata è tra gli alimenti agricoli più coltivati al mondo insieme a mais, riso e frumento. La sua versatilità e capacità di adattarsi ad ogni latitudine e a diverse condizioni climatiche insieme alle sue proprietà nutritive ne fanno un prodotto fondamentale per molte filiere agroalimentari. In provincia di Massa carrara, questo tubero, viene coltivato soprattutto da piccoli produttori su circa 70 ettari concentrati per lo più nelle zone più montane.