Accadde 34 anni fa la tragedia dell’Heysel: il 29 maggio 1985 è ancora la notte più buia del calcio mondiale. I tifosi juventini – 32 erano italiani – andati a Bruxelles con la speranza di festeggiare la prima Coppa dei Campioni bianconera trovarono una morte orribile nel settore Z dello stadio, travolti dalla furia degli hooligans inglesi ubriachi, schiacciati contro le balaustre o precipitati dalle gradinate, poco prima che iniziasse la finale Juve-Liverpool. Morti, però, anche per l’inadeguatezza dell’Heysel e dei servizi di sicurezza ed ordine pubblico.
Una “Coppa maledetta” che la Juve aveva inseguito per 30 anni, sfuggita già due volte, nel ’73 a Belgrado, dieci anni dopo ad Atene. Un trofeo che oggi molti protagonisti dell’epoca non sentono come un trofeo conquistato, ricordando che in pratica furono obbligati a giocare. Ma ci sono anche tifosi juventini che, al contrario, la considerano un premio alla memoria delle 39 vittime, allineate nelle stanze dello stadio mentre sul campo si consumava la partita più surreale nella storia del calcio europeo, vinta dalla Juventus con un calcio di rigore segnato da Platini.
All’Heysel il club bianconero aveva consegnato al delegato Uefa Gunther Schneider la nota ufficiale spiegando perché aveva detto sì alla richiesta di giocare comunque: “La Juve accetta disciplinatamente, anche se con l’animo pieno di angoscia, la decisione dell’Uefa, comunicata al nostro presidente, di giocare la partita per motivi di ordine pubblico”. Il presidente di allora, Giampiero Boniperti, non ha mai voluto riparlare di quella finale così dolorosa. Neppure per l’attuale massimo dirigente bianconero, Andrea Agnelli, è facile tornare sull’argomento: “Ho sempre fatto fatica a sentire mia quella Coppa – ha detto in occasione del venticinquennale del’Heysel – anche se i giocatori mi hanno sempre detto che fu partita vera”.