Le Borse hanno annullato a velocità inaspettata gli storni dovuti alle tariffe doganali di Trump, tornando intorno ai livelli pre-dazi e ad un andamento normale. Sembra incredibile perché, date le quotazioni attuali, il 2 aprile è stato letteralmente cancellato dai mercati. Ancora una volta, a vincere è stato chi ha mantenuto i nervi saldi: la storia insegna che, salvo pochi e circostanziati crack, è sempre meglio non reagire istintivamente ai crolli degli indici. Anche la Borsa americana è stata protagonista di una netta ripresa. Attualmente, a fare la differenza fra i mercati Usa e Ue sono i tassi. E’ comunque indubbio che l’amministrazione Trump abbia portato a un riposizionamento di asset azionari sui mercati che trattavano a sconto. E l’Italia ne ha particolarmente goduto.
Se le Borse sono tornate alla normalità, l’economia reale subisce il blocco legato all’effetto-annuncio dei dazi. Negli Stati Uniti il primo trimestre si è chiuso leggermente in negativo e anche il secondo, verosimilmente, non sarà positivo, mentre le materie prime e il petrolio sono in sofferenza perché quotate in dollari. Unica eccezione è l’oro. Intanto, Trump prosegue nel suo andamento a zig-zag. Da un lato tratta con i Paesi europei e cerca di negoziare con la Cina. Che a sua volta auspica di raggiungere un accordo, ma nel contempo mostra i muscoli. Dall’altro annuncia nuove tariffe doganali per i prodotti farmaceutici. E’ chiaro che Trump ha fatto dei dazi un azzardo da cui partire per negoziare accordi commerciali. Sullo sfondo c’è comunque il fil rouge delle sue presidenze, che vede la Cina come nemico numero uno. Il presidente degli Stati Uniti pensava, con il raggiungimento di un accordo fra Russia e Ucraina, di spezzare l’abbraccio tra Mosca e Pechino favorito dalle sanzioni occidentali. Tuttavia, Putin, Zelensky e la posizione inflessibile di Gran Bretagna e Ue hanno sabotato i suoi sforzi, rendendo più urgente un disgelo tra le due potenze. I dazi di Trump hanno incassato dure critiche anche da parte di Warren Buffett, nel corso dell’annuncio con cui l’imprenditore ha comunicato il proprio pensionamento (a 94 anni) e il conseguente addio a Berkshire Hathaway. Secondo l’oracolo di Omaha, gli Stati Uniti devono continuare a scambiare merci con il resto del mondo. Che è poi, ha ricordato, “quello che sappiamo fare meglio”.
Mentre in Italia il risiko bancassicurativo è in pieno svolgimento, il palcoscenico dei merger è attivo anche a livello internazionale. Secondo Bloomberg, Shell sta valutando l’acquisto di Bp e avrebbe già commissionato un dossier ai suoi advisor. La maxi-operazione potrebbe essere agevolata da un ulteriore calo del prezzo del petrolio e dalla discesa del titolo della “preda”.
L’acquisizione sarebbe interessante, pur nella sua difficoltà, soprattutto in un periodo così particolare per gli asset petroliferi, perchè vedrebbe nascere un “campione inglese” in grado di competere con i maggiori concorrenti americani.