lunedì 23 Dicembre 2024

Premio Letizia Leviti, ecco chi ha vinto

A causa delle restrizioni dovute alla pandemia, si è svolta oggi alle ore 11 sulla pagina Facebook dell’Associazione Letizia Leviti la proclamazione del vincitore della IV edizione del premio Giornalistico under 35 Letizia Leviti che quest’anno ha scelto come tema l’Articolo 32 e il diritto alla salute.

La giuria, presieduta da Claudio Cordova, (direttore de Il Dispaccio e vincitore del premio Letizia Leviti 2017 sezione web) e composta da Cecilia Anesi, Giulia Presutti, Sara Manisera e Flavia Barsotti, ha decretato vincitore del premio Letizia Leviti Under 35 Andrea Spinelli Barrile che riceve un riconoscimento di 2000 euro ed ha assegnato una menzione speciale a Lavinia Nocelli, per un particolare lavoro di inchiesta.
Il reportage con cui Spinelli ha vinto il concorso si intitola Ebola, dal letame nascono i fiori e nasce da un viaggio nella Liberia post ebola, dove l’autore è stato nel giugno 2019 come embedded con la ONG Medici Senza Frontiere. Egli racconta e analizza le ferite di una società post-pandemica e come tale società complessa e traumatizzata da una pandemia mortale si riprende e quali strascichi ha lasciato la stessa pandemia. Il lavoro è stato pubblicato tra agosto ed ottobre 2019 su Slow News, corredato dalle foto dello stesso Barrile.
Mentre il reportage di Lavinia Nocelli Romania, nella terra degli orfani bianchi è uscito su Left nella settimana del 24 gennaio. Il lavoro ha occupato la giornalista per gran parte del 2019 e si è concluso a pochi mesi dallo scoppio della pandemia da Covid-19. L’indagine è rivolta agli aspetti psico-sociali dell’emigrazione romena in Italia, dell’abbandono fisico delle famiglie, dei figli e del silenzio cosciente che attraversa il Belpaese, il cui stigma verso la popolazione romena – le badanti, in particolare – non permette di cogliere quanto avviene nell’intimo di questi contesti.
Le targhe saranno consegnate ai giornalisti nella cerimonia del premio 2021 che tornerà ad aver luogo a Firenze nel salone dei 500 di Palazzo Vecchio. Anche in questa edizione il Premio ha il Patrocinio del Comune di Firenze.
MOTIVAZIONI DEL PREMIO E DELLA MENZIONE E BIOGRAFIE DEI DUE GIORNALISTI
Andrea Spinelli Barrile

Perché, quando ancora per noi la pandemia era qualcosa di sconosciuto, ha raccontato la strage causata dal virus Ebola e le macerie lasciate in Liberia. Perché, nel 2019, ci ha mostrato un mondo che ci sembrava sfocato e lontano e che, a distanza di pochi mesi, è diventato uno spettro che ha sconvolto e terrorizzato la nostra società. Perché, con parole e immagini, ha saputo metterci di fronte agli errori e agli orrori, come una drammatica profezia che solo chi sa frugare, con la sensibilità di un ricercatore e la cura di un testimone, può essere in grado di cogliere e di tramandare. Mostrare i volti, i paesaggi, le rovine, accompagna e integra un linguaggio diretto come un pugno nello stomaco, che descrive con dovizia di particolari e senza filtri l’atroce sofferenza causata dal virus. Perché fare giornalismo significa questo: avvicinare ciò che è lontano, scoprire ciò che è invisibile, accarezzare ciò che è intoccabile, raccontare quello che non si sa, porre l’attenzione su qualcosa che merita di essere rivelato.

Cenni biografici
Andrea Spinelli Barrile, 35 anni, giornalista freelance dal 2012, è tra i soci fondatori di Slow News, primo progetto di slow-journalism italiano. Appassionato di Africa e esteri, imposta il suo lavoro per rendere al continente più vasto del mondo una narrazione che sia più accurata, efficace, pulita da pregiudizi e visioni preconfezionate ed eurocentriche, raccontando le potenzialità, lo sviluppo e la grande varietà economica, sociale e politica del continente africano. Ama il rugby, che applica come modello alla vita quotidiana e al lavoro, è appassionato dello studio della storia e dei diritti umani, ha vinto il Premio Italia Diritti Umani 2017 di FLIP in nome di Antonio Russo, conferito da Amnesty International Italia.
Lavinia Nocelli
Menzione speciale

Per aver schiuso lo sguardo su un tema sommerso, tratteggiando una drammatica realtà. Con profondità nel raccontare il trauma umano, la ferita fisica e psicologica che accompagna silenziosamente le badanti rumene che arrivano nel nostro Paese, con troppi sogni e aspettative, o dietro la promessa di una vita migliore. Donne che, con quotidiana dedizione, stanno o sono state accanto a quasi ogni famiglia italiana. Persone che spesso sono solo un nome, prive di storia, di un vissuto, lasciato dietro le spalle, oltre confine, senza qualcuno da poter abbracciare. Un paradosso svelato: talvolta “persone di famiglia”, anche se – una famiglia vera – ce l’hanno già, a migliaia di chilometri di distanza. Un lavoro che è un’indagine emotiva e accurata sui legami spezzati che subiscono le conseguenze della lontananza, rimanendo solo ombre di cui non si sa nulla. Un lavoro che entra in quei cuori, restituisce a ciascuno di noi storie di coraggio e di rinunce, intime e personali, raccontando in punta di piedi, con il linguaggio di una giornalista e la sensibilità di una donna.

Cenni biografici
Lavinia Nocelli è una fotogiornalista di Senigallia. La sua è una fotografia analogica, grezza, orientata nel documentare i movimenti e le storie che alimentano il quotidiano attraverso un linguaggio di vicinanza e rispetto. Si occupa di migrazioni e conflitti sociali, ha realizzato reportage nei campi profughi di Dunkerque e Calais, in Romania, Albania, Irlanda del Nord e a bordo della Sea Watch. Nel 2020 fonda l’agenzia di curatela fotografica Maatrice, di cui è Direttore.

Nonostante il difficile anno che abbiamo vissuto – dichiara Claudio Cordova– abbiamo fortemente voluto portare avanti l’azione del Premio Letizia Leviti, con la consapevolezza che, soprattutto in periodi così drammatici e confusi, il giornalismo acquisisca una importanza ancora maggiore. Non ci siamo sbagliati. Il numero e la qualità dei lavori pervenuti ci ha dimostrato, ancora una volta, quanto ci sia bisogno di buon giornalismo. Un bene spesso sottovalutato, proprio come la salute. Poter verificare, inoltre, quanta passione giovanile ci sia dietro questa professione, anche in un anno come questo, ci dà fiducia. Vedere la partecipazione di giovani colleghi che lavorano su importanti testate significa che il nostro Premio sta crescendo sempre di più. Varietà e qualità di lavori pervenuti ci hanno spinto, come l’anno scorso, a decretare un vincitore, ma a voler comunque assegnare una menzione speciale. 

Una viva e sincera partecipazione viene espressa dal Sindaco Dario Nardella, che nella sua dichiarazione rileva la qualità, il ruolo e l’importanza del Premio:
Anche se con questa pandemia tutto è più triste, più doloroso, più incerto, incluso il fatto che non possiamo essere tutti insieme per celebrare la IV edizione del Premio Letizia Leviti, credo che quello che conta sia la sostanza di un messaggio che è incarnato nel premio stesso, ovvero dare speranza, prospettiva, fiducia alle nuove generazioni, a quei giovani che ancora credono nel mestiere del giornalista. Il giornalismo è un ambito della vita sociale, politica, istituzionale, culturale del nostro Paese niente affatto finito, anzi: l’emergenza sanitaria ha proprio evidenziato che un giornalismo intelligente, equidistante, serio e che combatte le fake news è sempre più fondamentale. In bocca al lupo ai vincitori e un grazie non formale agli organizzatori di questo premio, un modo bello e generoso per ricordare la nostra amica Letizia che ci ha lasciato troppo presto”.
Così il presidente dell’Associazione Letizia Leviti, Giovan Battista Varoli, riafferma i punti cardine dell’eredità professionale di Letizia Leviti che sono alla base del Premio:
Il nostro desiderio è quello di raccogliere intorno al premio e al messaggio di Letizia una comunità di giornalisti che sentano viva la loro vocazione e che siano consapevoli del fatto che, in un mondo in cui le news scorrono in superficie, il loro ruolo sia que

A causa delle restrizioni dovute alla pandemia, si è svolta oggi alle ore 11 sulla pagina Facebook dell’Associazione Letizia Leviti la proclamazione del vincitore della IV edizione del premio Giornalistico under 35 Letizia Leviti che quest’anno ha scelto come tema l’Articolo 32 e il diritto alla salute.

La giuria, presieduta da Claudio Cordova, (direttore de Il Dispaccio e vincitore del premio Letizia Leviti 2017 sezione web) e composta da Cecilia Anesi, Giulia Presutti, Sara Manisera e Flavia Barsotti, ha decretato vincitore del premio Letizia Leviti Under 35 Andrea Spinelli Barrile che riceve un riconoscimento di 2000 euro ed ha assegnato una menzione speciale a Lavinia Nocelli, per un particolare lavoro di inchiesta.
Il reportage con cui Spinelli ha vinto il concorso si intitola Ebola, dal letame nascono i fiori e nasce da un viaggio nella Liberia post ebola, dove l’autore è stato nel giugno 2019 come embedded con la ONG Medici Senza Frontiere. Egli racconta e analizza le ferite di una società post-pandemica e come tale società complessa e traumatizzata da una pandemia mortale si riprende e quali strascichi ha lasciato la stessa pandemia. Il lavoro è stato pubblicato tra agosto ed ottobre 2019 su Slow News, corredato dalle foto dello stesso Barrile.
Mentre il reportage di Lavinia Nocelli Romania, nella terra degli orfani bianchi è uscito su Left nella settimana del 24 gennaio. Il lavoro ha occupato la giornalista per gran parte del 2019 e si è concluso a pochi mesi dallo scoppio della pandemia da Covid-19. L’indagine è rivolta agli aspetti psico-sociali dell’emigrazione romena in Italia, dell’abbandono fisico delle famiglie, dei figli e del silenzio cosciente che attraversa il Belpaese, il cui stigma verso la popolazione romena – le badanti, in particolare – non permette di cogliere quanto avviene nell’intimo di questi contesti.
Le targhe saranno consegnate ai giornalisti nella cerimonia del premio 2021 che tornerà ad aver luogo a Firenze nel salone dei 500 di Palazzo Vecchio. Anche in questa edizione il Premio ha il Patrocinio del Comune di Firenze.
MOTIVAZIONI DEL PREMIO E DELLA MENZIONE E BIOGRAFIE DEI DUE GIORNALISTI
Andrea Spinelli Barrile

Perché, quando ancora per noi la pandemia era qualcosa di sconosciuto, ha raccontato la strage causata dal virus Ebola e le macerie lasciate in Liberia. Perché, nel 2019, ci ha mostrato un mondo che ci sembrava sfocato e lontano e che, a distanza di pochi mesi, è diventato uno spettro che ha sconvolto e terrorizzato la nostra società. Perché, con parole e immagini, ha saputo metterci di fronte agli errori e agli orrori, come una drammatica profezia che solo chi sa frugare, con la sensibilità di un ricercatore e la cura di un testimone, può essere in grado di cogliere e di tramandare. Mostrare i volti, i paesaggi, le rovine, accompagna e integra un linguaggio diretto come un pugno nello stomaco, che descrive con dovizia di particolari e senza filtri l’atroce sofferenza causata dal virus. Perché fare giornalismo significa questo: avvicinare ciò che è lontano, scoprire ciò che è invisibile, accarezzare ciò che è intoccabile, raccontare quello che non si sa, porre l’attenzione su qualcosa che merita di essere rivelato.

Cenni biografici
Andrea Spinelli Barrile, 35 anni, giornalista freelance dal 2012, è tra i soci fondatori di Slow News, primo progetto di slow-journalism italiano. Appassionato di Africa e esteri, imposta il suo lavoro per rendere al continente più vasto del mondo una narrazione che sia più accurata, efficace, pulita da pregiudizi e visioni preconfezionate ed eurocentriche, raccontando le potenzialità, lo sviluppo e la grande varietà economica, sociale e politica del continente africano. Ama il rugby, che applica come modello alla vita quotidiana e al lavoro, è appassionato dello studio della storia e dei diritti umani, ha vinto il Premio Italia Diritti Umani 2017 di FLIP in nome di Antonio Russo, conferito da Amnesty International Italia.
Lavinia Nocelli
Menzione speciale

Per aver schiuso lo sguardo su un tema sommerso, tratteggiando una drammatica realtà. Con profondità nel raccontare il trauma umano, la ferita fisica e psicologica che accompagna silenziosamente le badanti rumene che arrivano nel nostro Paese, con troppi sogni e aspettative, o dietro la promessa di una vita migliore. Donne che, con quotidiana dedizione, stanno o sono state accanto a quasi ogni famiglia italiana. Persone che spesso sono solo un nome, prive di storia, di un vissuto, lasciato dietro le spalle, oltre confine, senza qualcuno da poter abbracciare. Un paradosso svelato: talvolta “persone di famiglia”, anche se – una famiglia vera – ce l’hanno già, a migliaia di chilometri di distanza. Un lavoro che è un’indagine emotiva e accurata sui legami spezzati che subiscono le conseguenze della lontananza, rimanendo solo ombre di cui non si sa nulla. Un lavoro che entra in quei cuori, restituisce a ciascuno di noi storie di coraggio e di rinunce, intime e personali, raccontando in punta di piedi, con il linguaggio di una giornalista e la sensibilità di una donna.

Cenni biografici
Lavinia Nocelli è una fotogiornalista di Senigallia. La sua è una fotografia analogica, grezza, orientata nel documentare i movimenti e le storie che alimentano il quotidiano attraverso un linguaggio di vicinanza e rispetto. Si occupa di migrazioni e conflitti sociali, ha realizzato reportage nei campi profughi di Dunkerque e Calais, in Romania, Albania, Irlanda del Nord e a bordo della Sea Watch. Nel 2020 fonda l’agenzia di curatela fotografica Maatrice, di cui è Direttore.

Nonostante il difficile anno che abbiamo vissuto – dichiara Claudio Cordova– abbiamo fortemente voluto portare avanti l’azione del Premio Letizia Leviti, con la consapevolezza che, soprattutto in periodi così drammatici e confusi, il giornalismo acquisisca una importanza ancora maggiore. Non ci siamo sbagliati. Il numero e la qualità dei lavori pervenuti ci ha dimostrato, ancora una volta, quanto ci sia bisogno di buon giornalismo. Un bene spesso sottovalutato, proprio come la salute. Poter verificare, inoltre, quanta passione giovanile ci sia dietro questa professione, anche in un anno come questo, ci dà fiducia. Vedere la partecipazione di giovani colleghi che lavorano su importanti testate significa che il nostro Premio sta crescendo sempre di più. Varietà e qualità di lavori pervenuti ci hanno spinto, come l’anno scorso, a decretare un vincitore, ma a voler comunque assegnare una menzione speciale. 

Una viva e sincera partecipazione viene espressa dal Sindaco Dario Nardella, che nella sua dichiarazione rileva la qualità, il ruolo e l’importanza del Premio:
Anche se con questa pandemia tutto è più triste, più doloroso, più incerto, incluso il fatto che non possiamo essere tutti insieme per celebrare la IV edizione del Premio Letizia Leviti, credo che quello che conta sia la sostanza di un messaggio che è incarnato nel premio stesso, ovvero dare speranza, prospettiva, fiducia alle nuove generazioni, a quei giovani che ancora credono nel mestiere del giornalista. Il giornalismo è un ambito della vita sociale, politica, istituzionale, culturale del nostro Paese niente affatto finito, anzi: l’emergenza sanitaria ha proprio evidenziato che un giornalismo intelligente, equidistante, serio e che combatte le fake news è sempre più fondamentale. In bocca al lupo ai vincitori e un grazie non formale agli organizzatori di questo premio, un modo bello e generoso per ricordare la nostra amica Letizia che ci ha lasciato troppo presto”.
Così il presidente dell’Associazione Letizia Leviti, Giovan Battista Varoli, riafferma i punti cardine dell’eredità professionale di Letizia Leviti che sono alla base del Premio:
Il nostro desiderio è quello di raccogliere intorno al premio e al messaggio di Letizia una comunità di giornalisti che sentano viva la loro vocazione e che siano consapevoli del fatto che, in un mondo in cui le news scorrono in superficie, il loro ruolo sia quello di andare a fondo delle notizie, con passione e con intelligenza, avendo cura dei dettagli e delle persone e aiutando i lettori e gli spettatori a fare altrettanto.
IL TEMA DEL PREMIO 2020 (dal Bando pubblicato sul sito dell’Associazione)
La pandemia ha messo a nudo come anni di sprechi, corruzione, infiltrazioni delle mafie, inefficienza, mancanza di meritocrazia, mancanza di omogeneità nelle norme ed errori organizzativi abbiano causato una cattiva gestione diffusa, sia nel settore sanitario che in quello sociosanitario. Al tempo stesso lo stato di emergenza ha portato alla luce la forza, la passione, l’amore con cui la maggior parte dei medici, infermieri, dirigenti sanitari e volontari.

Diego Remaggi
Diego Remaggihttp://diegoremaggi.me
Direttore e fondatore de l'Eco della Lunigiana. Scrivo di Geopolitica su Medium, Stati Generali e Substack.

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