venerdì 6 Dicembre 2024

Pagano e Santagata a Fivizzano: “Perché ha ancora senso parlare di ’68”

La discussione sul Sessantotto che si è svolta a Fivizzano, nella sala del Museo di San Giovanni degli Agostiniani, tra Giorgio Pagano, curatore del volume “Tra utopia e realismo. Appunti sul Sessantotto”, e lo storico Alessandro Santagata dell’Università di Padova, ha suscitato molto interesse e partecipazione.

Dopo i saluti del Sindaco Gianluigi Giannetti e l’introduzione di Carmine Mezzacappa, presidente dell’Associazione Dal libro alla solidarietà, Simone Galli ha condotto il dialogo, con domande sul Sessantotto ma non solo: sul prima, durante e dopo. Si è discusso di storie di vita, a partire da quelle raccontate da Pagano nel libro “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla spezia ed in provincia”, che Santagata ha definito “il più importante libro di storia glocale, cioè locale e globale insieme, pubblicato sul Sessantotto”. Famiglia, infanzia, scuola, Università, lavoro, studenti e operai, femminismo nascente e maschilismo ancora in auge, passioni politiche, analisi retrospettive e considerazioni su quel che resta di quegli anni: il dibattito ha spaziato un po’ su tutto.

Pagano e Santagata hanno convenuto: il Sessantotto è stato sconfitto sul piano politico – anche se ci ha consegnato leggi ancora di enorme valore, come lo Statuto dei lavoratori, il divorzio e la riforma sanitaria – meno su quello socio-culturale. Ha cioè lasciato in eredità alcune grandi esperienze di massa come quella della disobbedienza all’autoritarismo e quella della partecipazione, per dare nuova linfa alla democrazia.

“Tra utopia e realismo. Appunti sul Sessantotto” è un libro che riflette su questa eredità, ma non solo, ha concluso Santagata: “È un vivacissimo caleidoscopio, ricco non solo delle memorie dei protagonisti, come Guido Viale o Luisa Passerini, ma anche delle riflessioni di storici e filosofi di grande spessore, come Marcello Flores, Alfonso Maurizio Jacono e tanti altri”.

“Ha ancora senso parlare di Sessantotto – queste le ultime parole di Galli – perché in un mondo sempre più disumanizzato l’approccio umanistico di quegli anni ci parla ancora”.

Redazione
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