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Ovviamente gratis

Dieci anni fa lavoravo come giornalista in un comune abbastanza grande per i canoni più agresti cui sono abituato oggi: Parma. Ricordo che dopo qualche mese da sindaco della città emiliana, l’allora 5 Stelle Federico Pizzarotti se ne uscì con un post su Facebook in cui chiedeva: “C’è uno sviluppatore o un gruppo di sviluppatori, che vorrebbe collaborare con noi? Ovviamente in modo gratuito”.L’ironia del sottobosco social fu una diretta conseguenza. Ricordo una frase bellissima che mi appuntai e chi mi ritorna alla mente anche dopo due lustri, due, in cui quel “gratuito” sarebbe diventata poi una cifra dell’umana catabasi nel mondo luciferino della precarietà: “Stasera vado alla coop e chiedo se vogliono contribuire alla mia alimentazione facendomi fare la spesa #ovviamentegratis”.

In dieci anni le cose – detto proprio nel modo più generico possibile – non sono cambiate granché. Il lavoro non viene pagato, i giovani non vengono assunti e si continua a chiedere sforzi in nome di una solidarietà sociale verso enti che non ne avrebbero minimamente bisogno, come se tutto fosse ormai dovuto. Non sto parlando degli stipendi da fame (ce ne sarebbe per un capitolo a parte), ma per la pedissequa e debilitante ricerca di un volontariato che ormai fa veramente orrore.

Partiamo da un presupposto: lavoro e volontariato sono due cose differenti, sia nella cultura (libri, mostre, eventi, festival) che in altri settori, tuttavia qualsiasi abuso (del lavoro e del volontariato) è profondamente sbagliato.

Nel 2016 Mario Morcone – allora capo del dipartimento immigrazione al ministero dell’interno – dalle pagine del Corriere della Sera suggeriva di usare il volontariato come strumento per favorire l’integrazione dei migranti appena sbarcati in Italia. Ancora oggi in molti vorrebbero vedere “volontariato gratuito nelle amministrazioni locali per i destinatari di assistenza al reddito”. In realtà tutto questo non si può fare. Perché se ci sono posti liberi da coprire è forse giusto che enti locali, amministrazioni, o chi per esse assumano di diritto un lavoratore senza chiedere di fare un qualcosa di gratuito. Sembra lapalissiano ma evidentemente non lo è. In nome dell’economia dei costi – che poi comunque sappiamo venire magari gestiti male in altri modi – si livella verso il basso il lavoro di tanti, non solo a livello remunerativo, ma anche qualitativo.

Insomma, sono passati 10 anni e ancora sento chiedere aiuti “gratuiti”, mi chiedo se mai finirà questa moda di volere tutto per niente, se il tempo e la perizia nello svolgere un compito abbiano ancora un valore o se tutto è destinato a perdersi in un appello ai giovani di buona volontà.

Diego Remaggi
Diego Remaggihttp://diegoremaggi.me
Direttore e fondatore de l'Eco della Lunigiana. Scrivo di Geopolitica su Medium, Stati Generali e Substack.
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