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Mafia e criminalità organizzata in Toscana, Bugli: "Non esistono aree immuni"

Le quattro mafie storiche continuano a non avere insediamenti stabili in Toscana ma sono sempre più riconoscibili tracce di una crescita di gruppi di criminalità organizzata nel territorio. È quanto emerge dal terzo rapporto sui fenomeni di criminalità organizzata e corruzione curato dalla Scuola Normale di Pisa su incarico della Regione.
“Più che sostituirsi al mercato – spiega una nota -, ricercando forme di oligopolio criminale nell’economia legale, pare che la strada battuta sia ‘mettersi al servizio’ del mercato, attraverso l’esercizio abusivo del credito, l’erogazione di servizi illeciti finalizzati a reati tributari e economici o attività illecite di intermediazione del lavoro o nel ciclo dei rifiuti”. Per il direttore della Dia Giuseppe Governale, “fortunatamente in Toscana non abbiamo finora le organizzazioni stabili come abbiamo invece in altre parti dell’Italia settentrionale”, ma “la Toscana non è immune, non può essere immune”.
“L’analisi conferma che anche in Toscana mafia e criminalità organizzata ci sono ed operano. Non esistono aree completamente immuni e di fronte a questo abbiamo deciso di intervenire: studiando il fenomeno e facendolo conoscere, per non rimanere indifferenti”.
Lo sottolinea l’assessore alla legalità della Toscana Vittorio Bugli
L’attività di ricerca ha innescato anche altre iniziative. “Ci ha permesso di organizzare tre corsi di formazione sugli appalti e sui rischi di infiltrazione criminale, seguitissimi – racconta Bugli – Ci ha permesso di disseminare a livello locale numeri e analisi, tra le istituzioni e nella società, per allargare il fronte di quanti non vogliono rimanere indifferenti”.
Un’attività di costruzione di una cultura delle legalità, ha ricordato l’assessore che passa anche dall’aiuto offerto ai comuni per ristrutturare, con una norma ad hoc, beni confiscati alla criminalità organizzativa in modo che tornino patrimonio di tutti o che passa attraverso i campi per ragazzi e gli eventi organizzati nella tenuta di Suvignano nei comuni di Monteroni d’Arbia e Murlo, beni simbolo tra quelli confiscati in Toscana alla mafia e dall’anno scorso affidata finalmente alla Regione.

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