Ah, l’Italia. Terra di santi, navigatori e—da ieri—moralizzatori del voto mancato. L’ultimo referendum, annunciato con grande clamore da CGIL, Pd, Verdi, Sinistra, Movimento 5 Stelle, Potere al Popolo, Rifondazione, e chi più ne ha più ne metta è naufragato in una misera affluenza da “festa condominiale a Ferragosto”, ha scatenato il classico melodramma nazionale che, per l’occasione, si è consumato su X (la cloaca che fu Twitter), Facebook, Tik Tok. E lo spettacolo non ha deluso: un festival di indignazione, vittimismo e superiorità morale da far impallidire qualsiasi fiction Rai.
Tutto è iniziato con il quorum non raggiunto. È bastato poco: appena confermata la disfatta, è partita la giostra dei post indignati. C’è chi se l’è presa con i laureati “che non si alzano dal divano” (perché notoriamente, nell’Italia del boom economico, votavano anche analfabeti iperattivi), chi ha proposto di togliere la sanità pubblica ai non-votanti (un’idea che nemmeno Orwell avrebbe osato) e chi, con sottile eleganza, ha urlato al Paese finito, morto, immorale e indegno perché non ha avuto il buon gusto di votare secondo le indicazioni di influencer con bandiera palestinese nell’avatar.
Poi è arrivata l’élite, l’ineffabile analisi socio-demografica di YouTrend che, con involontaria comicità, ha decretato: “L’affluenza è stata più alta nei grandi centri urbani con più laureati e stranieri”. Traduzione da radical chic snob: hanno votato quelli col master, il monopattino elettrico e l’abbonamento a Netflix. E gli altri? Bifolchi provinciali, evasori fiscali e fannulloni seriali, ovvio.

Qualcuno ha protestato. “L’ELITTTTEEE!” ha gridato eroicamente Francesco B. contro lo snobismo statistico. E come dargli torto? Forse, l’Italia reale, quella che lavora, paga le bollette e ignora i proclami da hashtag, semplicemente non ha creduto a questo referendum. Non per ignoranza, ma per indifferenza politica motivata.
Non poteva mancare poi la reazione politica seria (o quasi). Riccardo Magi (+Europa) ha prontamente dichiarato guerra al quorum stesso: “È diventato un ostacolo alla democrazia, aboliamolo!”. Come dire: se non vinciamo noi, cambiamo direttamente le regole. Ma sì, dai, facciamolo. Magari abbassiamo il quorum a zero e il prossimo referendum lo decidiamo direttamente su Twitch con una live di Fedez. (Se non vinco in una partita di calcio di 90 minuti allora facciamola di 500, così vediamo chi la sa più lunga!)
A mettere la ciliegina su questa tragicommedia social ci pensa Giuseppe L., autore di un tweet geniale che ben riassume il clima apocalittico del momento: “Ora vostra mamma e vostra sorella saranno frustate dal datore di lavoro, messe a pane e acqua… e la colpa sarà solo vostra!”. Ironia pura che fotografa perfettamente l’isteria collettiva di chi ha trasformato un voto mancato in un evento da “fine del mondo”.
Conclusione? Forse sarebbe il caso di smettere di insultare chi non ha votato e chiedersi perché certe campagne non coinvolgano più nessuno. Nel frattempo, godiamoci lo spettacolo social: dopotutto, in Italia, lo scontro fra élite snob e popolo “divanista” è sempre più divertente di un referendum riuscito.
ps.
Domanda: e i diritti e le tutele per le partite iva? Prossimo referendum?