Il 23 settembre 1985 moriva Giancarlo Siani, ucciso da due sicari della camorra mentre stava parcheggiando l’auto davanti alla sua abitazione a Napoli. Il giovane cronista di 26 anni aveva denunciato dalle colonne de “Il Mattino” l’attività di alcune cosche criminali e la loro espansione economica.
La sua condanna a morte era stata decretata dai fratelli Nuvoletta a capo del clan camorristico di Torre Annunziata che, in un articolo del 10 giugno 1985, Siani aveva indicato come autori della soffiata che aveva consentito ai Carabinieri di mettere le mani sul boss Valentino Gionta. Ma il giornalista aveva toccato anche interessi ben più importanti e poteri ben più forti investigando sugli appalti pubblici per la ricostruzione delle aree colpite dal terremoto dell’Irpinia del 1980 nei dintorni del Vesuvio e denunciando le infiltrazioni camorristiche nella vita politica.
Il 15 aprile del 1997 la seconda sezione della Corte d’Assise di Napoli condannò all’ergastolo i mandanti dell’omicidio di Giancarlo – i fratelli Lorenzo e Angelo Nuvoletta, e Luigi Baccante – e i suoi esecutori materiali, Ciro Cappuccio e Armando Del Core. In quella stessa condanna appare, come mandante, anche il boss Valentino Gionta. La sentenza è stata confermata dalla Cassazione, che però decise il rinvio ad altra Corte d’Assise d’Appello per Valentino Gionta.
Il 29 settembre 2003, a seguito del secondo processo di appello, Gionta venne di nuovo condannato all’ergastolo, mentre il giudizio definitivo della Cassazione lo ha scagionato per non aver commesso il fatto. Lo scorso dicembre la città di Torre Annunziata ha conferito la cittadinanza onoraria a Giancarlo Siani.