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“Pietre di Libertà”: cippi, lapidi e monumenti sui sentieri della Resistenza tra Pontremoli e Zeri

In libreria e in edicola il libro frutto di lunghe ricerche pubblicato a cura delle sezioni ANPI di Pontremoli e di Zeri e dell’ISRA. Ottanta tappe per un viaggio nella nostra memoria. Nomi, volti e storie di partigiani, militari e civili caduti nei venti mesi dell’occupazione nazifascista

Da Pontremoli a Zeri, un percorso lungo 80 tappe sui sentieri della Resistenza: è “Pietre di Liberà”, il libro pubblicato in questi giorni dalle sezioni ANPI di Pontremoli e di Zeri con l’Istituto Storico della Resistenza Apuana per riscoprire e conoscere cippi, lapidi e monumenti eretti a partire dall’immediato dopoguerra in questi due territori dove la presenza delle formazioni partigiane fu fortissima e la lotta di Liberazione dal nazifascismo più lunga, dura e cruenta.
Il volume – 200 pagine, con altrettante fotografie, curato da Paolo Bissoli, Mauro Malachina, Raffaello Nadotti, Caterina Rapetti, Vanessa Valenti con contributi di Angelo Angella e Anna Rapetti – vuole essere un vero e proprio “scrigno della memoria” ed è il frutto di un lavoro durato più di due anni e fatto di ricerche “sul campo” e di consultazione della pubblicistica esistente così da proporre, per ciascuna “pietra” la storia che la stessa custodisce.
Storie che risalgono ai venti mesi fra il settembre 1943 e l’aprile 1945, spesso poco note, a volte quasi dimenticate, che quasi sempre vedono protagonisti giovani partigiani caduti per quell’ideale di libertà che “per non chinare la testa” li aveva spinti a “prendere la strada dei monti”.
Ma la ricerca non si è fermata qui, si è spinta oltre e il libro propone, riuniti insieme e integrati con nomi dimenticati, gli elenchi delle vittime di quegli anni: partigiani, civili, militari italiani caduti in maggioranza sui fronti russo, greco o albanese, militari alleati morti qui durante missioni in territorio occupato. Un’impresa non facile, ma ora quelle centinaia di nomi incisi sulle “Pietre di Libertà” tornano ad essere persone e offrono lo spunto per un approfondimento e, magari, un’escursione su quei sentieri dove, anche e soprattutto a Pontremoli e a Zeri, “è nata la nostra Costituzione” come ebbe modo di dire Piero Calamandrei.

Impossibile riassumere le tante storie, quasi sempre drammatiche, che il libro svela o riporta alla memoria.
Le prime vittime dello scontro armato sono tra i militari: si tratta dei due paracadutisti inglesi fucilati nei pressi del Passo della Cisa all’inizio di ottobre del 1943; le ultime sono invece i cinque partigiani caduti tra Codolo e Dozzano il 15 aprile 1945 nell’operazione che avrebbe dovuto portare i patrioti a liberare Pontremoli.
Ci sono anche le tre medaglie d’oro al valor militare: al “reggiano” Fermo Ognibene caduto a Succisa alla metà del marzo 1944 per coprire la ritirata dai compagni del “Picelli” circondati dai fascisti della XMas; al siciliano Nino Siligato, ucciso dai tedeschi a Codolo il 20 gennaio 1945 mentre accorreva in soccorso dei sui di Giustizia e Libertà; al diciottenne Pietro Polesi, morto a Casa Corvi tre settimane prima della Liberazione. E poi numerose medaglie d’argento e di bronzo, a testimoniare quanto siano stati drammatici quei venti mesi.
Occupa tre pagine l’elenco dei partigiani caduti tra Pontremoli e Zeri!
Ma ci sono anche i partigiani pontremolesi e zeraschi morti lontano: tra questi Giovanni Lorenzelli da Patigno, fucilato nel territorio comunale di Riccò del Golfo a San Benedetto dove è ricordato da una lapide. Significativa la storia di Bruno Chiodi, di Braia, che ha trovato la morte per mano tedesca nel nord della Corsica, a Ghisonaccia, dove era emigrato con il padre: il suo nome ricorre tra i figli di Corsica “morts pour la patrie” in ben tre monumenti, due dei quali a Bastia.
Lungo e doloroso l’elenco dei civili che hanno perso la vita: a Zeri nei rastrellamenti, a Pontremoli anche nei bombardamenti alleati oltre per il piombo nazifascista. Si tratta spesso di casi isolati, di vittime singole, passati dalla vita alla morte senza preavviso e senza un perché. Come è accaduto a Zefferino Casa, agricoltore di Oppilo, uscito presto dalla propria abitazione una mattina dell’ottobre 1944 per vendere i prodotti della terra, arrestato dai tedeschi e fucilato nei pressi dell’ospedale di Pontremoli: la moglie e il figlio avrebbero conosciuto la sua tragica fine solo nella primavera successiva. E che dire di Albina Guerisoli, arrestata a Zeri perché aveva macellato un capo di bestiame sottraendolo all’ammasso, incarcerata a Massa e trucidata alle Fosse del Frigido il 16 settembre 1944 con altre 158 persone?
Nell’elenco di donne, uomini e bambini, che i curatori hanno ricostruito con un lungo lavoro di ricerca, riemergono dal silenzio del tempo trascorso decine e decine di nomi di civili che, in circostanze e luoghi diversi, hanno perso la vita a causa della guerra e dell’occupazione nazifascista. Zeri li ha ricordati riunendoli in una grande lapide eretta a Patigno nel 1990: nomi e volti ai quali ora il volume affianca dati e informazioni. A Pontremoli un monumento di questo genere non c’è: ricostruire l’elenco delle vittime civili è stata impresa difficile a distanza di quasi ottant’anni. Le fonti sono stati libri, giornali e archivi, ma anche i sopralluoghi nei tanti cimiteri del territorio che hanno conservato le lapidi poste dai congiunti, molte delle quali – purtroppo – nel tempo sono però andate perdute. Ed emergono storie che altri potranno scrivere: come quella del ferroviere Gino Roncucci, 46 anni di Pontremoli, morto nel giugno del 1943 a Livorno sotto un bombardamento alleato della linea ferroviaria: è il primo civile pontremolese rimasto ucciso per causa bellica di cui si abbia notizia. Un triste elenco che si conclude con le giovani vittime di tragici giochi con i residuati bellici negli anni immediatamente successivi la fine del conflitto.
Completano il libro gli stradari dei due Comuni: strade e piazze intitolate a persone o formazioni partigiane protagoniste di quei terribili mesi.

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