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“Uffizi diffusi” saluta Pontremoli con un fiume di fazzoletti rossi

Circa cinquemila ingressi. Cinque mesi di esposizione al pubblico. Un capolavoro dell’arte risorgimentale ed un autore il cui nome è una garanzia: Francesco Hayez. Un successo su tutti i fronti. Questi i numeri di “Uffizi diffusi. Francesco Hayez a Pontremoli”.

Titoli di coda per il progetto ideato dalle prestigiose Gallerie degli Uffizi di Firenze con lo scopo di rendere l’arte fruibile anche in territori lontani ma accomunati da una vocazione culturale, arrivato a Pontremoli il 5 maggio scorso e che domenica 8 ottobre chiude il sipario. Ma solo per ora. Un addio? Speriamo di no. Il saluto finale è rivolto solo al “Conte Arese Lucini in carcere”. È per lui che questa cerimonia è stata pensata, per rendergli grazie per questi mesi in cui ha saputo tenere compagnia a tutti i pontremolesi e non solo. 

Lo aveva subito notato il Direttore delle Gallerie degli Uffizi di Firenze, Eike Schmidt, il 5 maggio scorso, in occasione dell’inaugurazione del progetto “Uffizi diffusi. Francesco Hayez a Pontremoli”. Aveva indicato il fazzoletto rosso indossato sul collo dai giovanissimi studenti dell’indirizzo turistico dell’Istituto Pacinotti Belmesseri e aveva sottolineato «Vedo che il Conte Arese ha già creato una moda», riferendosi al medesimo indumento indossato dal protagonista dell’opera di Francesco Hayez esposta da quel giorno all’interno della Sala dei Sindaci del Comune di Pontremoli.  Una coincidenza, ovviamente, ma uno spunto interessante ed arguto che ha dato il via a quella che poi è stata la cerimonia di saluto organizzata dall’Amministrazione, all’opera che da più di cinque mesi alloggia all’interno del palazzo comunale e che ha attirato a sé migliaia di turisti e visitatori. Circa cinquemila i ticket staccati tra scolaresche, appassionati, turisti occasionali o amanti dell’arte venuti appositamente per incontrare l’ipnotico sguardo del Conte Arese Lucini, il capolavoro dell’autore risorgimentale che gli Uffizi hanno “prestato” al Comune di Pontremoli grazie al progetto “Uffizi diffusi”.

Redazione
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