L’altro giorno ho partecipato come giurato a un debate studentesco tenuto tra i ragazzi dell’ IS PACINOTTI-BELMESSERI, e mi sono tornati in mente tutti i motivi per cui dovremmo insegnare a scuola, nei bar, nei consigli comunali e nei social come si costruisce un’argomentazione. Spoiler: non basta dire “lo dicono gli studi scientifici” se poi non sai nemmeno distinguere uno studio da una pubblicità della Polase (giuro che non mi hanno pagato per dirlo).
Imparare a sostenere una tesi serve. Serve perché viviamo in un mondo in cui si confonde l’opinione con la verità, il “mi sento che è così” con la realtà dei fatti. Serve perché l’argomentazione è l’unico vaccino intellettuale contro le fake news, gli slogan da sottopancia dei talk show e i commenti di Facebook con 43 emoji e zero senso logico. O una gif con un cane che lecca un gelato.
Serve perché non si può più vivere nel mondo delle frasi fatte, tipo:
– “Eh ma l’ha detto Google.”
– “Ci sono studi scientifici.”
– “L’ha detto mio cuggino che lavora in Comune.”
No, caro lettore. Google non dice un tubo, sei tu che cerchi e trovi. Gli studi scientifici non sono Pokémon da lanciare a caso: vanno letti, capiti e – miracolo dei miracoli – contestualizzati. E tuo cuggino… lasciamolo perdere, anche se è laureato all’università della strada.
Imparare ad argomentare vuol dire imparare a pensare. Vuol dire sapere perché si pensa una cosa, non solo “sentire” che è giusta. Significa capire le tesi dell’altro, ribattere, cercare prove, riconoscere le fallacie logiche. Significa diventare – udite udite – più liberi, perché chi sa argomentare è meno manipolabile.
E diciamocelo: saper discutere bene, con rispetto ma con forza, è anche una forma di eleganza. È il jazz del pensiero. È la differenza tra un rutto e un’opinione.
Quindi sì, viva il debate. Facciamone di più. Facciamolo nelle scuole, nelle piazze, nei consigli comunali e perfino nelle chat di condominio (oddio, lì forse no). Insegniamo a parlare senza gridare, a ribattere senza offendere, a costruire tesi senza incollare link a casaccio.
Perché il pensiero critico non è un lusso: è sopravvivenza.
Naturalmente, dopo aver detto che imparare ad argomentare è utile, che il debate è figo, che il pensiero critico è importante… di sicuro ci becchiamo il solito commento sotto il post:
“Eccovi, i soliti lecchini del sistema. Mainstream. Pro scienza, pro scuola, pro verità… CHE NOIA!”
Amico caro, se per te il pensiero logico è “mainstream”, allora viva il mainstream. Se leggere dati e non le scie chimiche ti pare da leccapiedi, allora portami la crema lucidante. Se sostenere che il dibattito intelligente sia meglio del flame con meme e caps lock ti pare da venduti… beh, sappi che abbiamo già speso i soldi del sistema in Spritz analcolici e cavi HDMI.
Quelli come te confondono la polemica con l’argomentazione. Ma non è la stessa cosa: una è uno sport nobile, l’altra è un hobby triste. Come urlare ai piccioni in piazza o spiegare Platone al citofono.
Tu non vuoi parlare, vuoi solo avere ragione.
E guarda che è diverso.
Nel debate vincono le idee, non gli slogan. I dati, non le ipotesi da bar. Le argomentazioni, non il volume della voce o gli slogan evidenziati in giallo canarino. E no, non c’è bisogno di essere “dalla parte del sistema” per dire cose sensate. A volte basta avere un neurone che fa le flessioni e un altro che prende appunti.
Quindi sì, continuiamo pure a insegnare ai ragazzi come si dibatte. Così magari, la prossima volta che ti viene voglia di scrivere “leccapiedi del pensiero unico”, ci pensi due volte. E magari ti viene voglia di spiegarti. Magari ti viene voglia di ragionare.
O magari no, e va bene lo stesso. Noi intanto ti mettiamo un bel cuoricino, che fa molto adolescenza, magari hai da ridere pure su quello, ma chissene! ❤️