Fino a pochi giorni fa, il nome di Liang Wenfeng era sconosciuto al grande pubblico occidentale. Ma lunedì scorso la sua DeepSeek, start up di intelligenza artificiale, ha conquistato le prime pagine dei giornali. E’ bastato che superasse ChatGpt come app gratuita meglio valutata dagli utenti per causare panico nella Silicon Valley e al Nasdaq: Nvidia ha perso oltre il 17% e sono arretrati sensibilmente anche altri produttori di microchip e bigtech come Alphabet, Microsoft e Oracle. A scatenare il terremoto a Wall Street è stata sicuramente la consapevolezza che le prestazioni del chatbot cinese possono rivelarsi migliori di quelle dei concorrenti americani, ma soprattutto la differenza enorme di costi tra l’Ia made in Usa e quella sviluppata in Cina. DeepSeek abbatte i consumi dei competitor statunitensi, necessita di chip meno sofisticati ed è costata davvero poco: solo 6 milioni di dollari rispetto ai 100 di ChatGpt-4.
Scoprire che una piccola realtà cinese è capace di fronteggiare le bigtech americane dimostra che l’intelligenza artificiale non è un club per monopolisti, ma c’è ancora spazio per la concorrenza. L’evento è un “cigno nero” per i tecnologici? Probabilmente no. Le bigtech si stanno sgonfiando dopo aver corso molto, forse troppo. E’ probabilmente un ricalibramento, in parte atteso, e che non dovrebbe stimolare un effetto domino. Il resto dei mercati ha reagito più moderatamente, a parte singoli casi. La Borsa italiana non ha praticamente fatto una piega. Questo indica una realtà incontrovertibile: nel duello Usa-Cina per l’intelligenza artificiale, noi siamo poco più che spettatori. In Italia, le prime pagine dei giornali sono state conquistate dall’ops lanciata da Montepaschi su Mediobanca. L’operazione pare finalizzata alla conquista di Generali che ha avviato una partnership con Natixis nel risparmio gestito. Il Tesoro sembra favorevole all’offerta, ma Mediobanca l’ha respinta come “distruttiva di valore”.
Oltre al voto in Germania, saranno molto importanti per l’economia europea anche le consultazioni in aprile in Groenlandia quando si sceglieranno i rappresentanti chiamati a tracciare le linee guida per il futuro. Se un’aggressione militare americana è fuori da ogni immaginazione, le pressioni economiche hanno un valore. Nuuk sarà di chi la paga di più (anche se, ovviamente, la situazione non è così semplice come potrebbe apparire). Sicuramente, il ruolo dell’Unione Europea in questa crisi è fondamentale. Vedremo se Bruxelles, una volta tanto, riuscirà a far sentire il suo peso e instaurare una collaborazione win-win-win con Copenaghen e Nuuk, fermando le mire espansionistiche americane.
Nel 2025, la Fed, almeno fino al primo trimestre, dovrebbe tagliare poco o nulla. Anzi, se l’economia americana dovesse accelerare potrebbe addirittura alzare il costo del denaro. Una scelta preclusa alla BCE, obbligata al calo inesorabile dei tassi.