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Il blocco di Suez spaventa le economie

I mercati negli ultimi giorni, quasi ignorando la scadenza delle trimestrali, si sono focalizzati soprattutto sulle problematiche geopolitiche legate alla crisi del Mar Rosso.

Il blocco del Canale di Suez, e il conseguente allungamento della rotta per doppiare il Capo di Buona Speranza, hanno generato l’aumento del prezzo dello shipping, problemi legati agli approvvigionamenti e danni economici per i porti del Mediterraneo.

La situazione potrebbe provocare conseguenze negative sull’economia europea, tra cui una nuova spirale inflazionistica legata alla carenza di offerta.

La crisi mediorientale rischia anche di essere l’elemento scatenante per una contrazione dei mercati e un loro riposizionamento dopo il lungo periodo virtuoso di fine 2022 e 2023. Per ora la dinamica delle Borse, pur in leggera flessione, non ha ancora abbandonato i canoni della normalità.

Fatte queste premesse, è probabile che il 2024 si riveli un anno volatile. Riguardo alla strategia di mercato, è saggio mantenere le posizioni ma non aumentarle, in attesa che si chiarisca un po’ la visione del futuro. Questo vale anche per l’obbligazionario, legato a doppio filo alla politica monetaria (finora ancora incerta).

Fari accesi anche sull’Estremo Oriente. Il Nikkei si è temporaneamente fermato dopo un avvio d’anno a +6,5% che ha portato l’indice ai massimi dal 1990 grazie alle previsioni di rafforzamento dello yen e alla doppia plusvalenza (valuta e Borsa) degli investitori sul mercato del Sol Levante.

La Cina ha chiuso dicembre ancora in deflazione. La domanda cinese è rallentata perché gli investimenti esteri iniziano a mancare e a causa della bolla immobiliare.

Crisi anche a Hong Kong, alle prese un nuovo minimo sul mercato borsistico e immobiliare.

In questo contesto si inserisce l’escalation della tensione tra la Cina e Taiwan dopo la vittoria elettorale di Lai Ching-te, candidato più ostile a Pechino fra i tre in lizza. Intanto, negli Stati Uniti, la Sec, ente che vigila sulla Borsa Usa, ha dato il via libera all’emissione di Etf basati sui bitcoin. Una decisione clamorosa, che ha fatto segnare un forte rialzo della principale criptovaluta mondiale. E che ha aperto la porta ad altri, possibili strumenti basati sulle monete virtuali. La decisione dell’authority americana porta alle “cripto” nuovi, potenziali investitori, finora frenati dal carattere “non regolamentato” dell’asset.

La svolta, tuttavia, nasconde criticità legate segnatamente al bitcoin. La prima è l’opacità dello strumento, che si scontra con l’attenzione molto forte prestata dal mondo all’antiriciclaggio (in Europa sta nascendo un’authority proprio a questo fine).

Poi, la caratteristica altamente inquinante del bitcoin, che secondo alcune stime consuma un quantitativo di energia simile a quello utilizzato dall’Argentina.

Da questi punti di vista, insomma, l’ok dell’autorità di vigilanza americana agli Etf sui bitcoin sembra per lo meno affrettata.

Carlo Vedani
Carlo Vedanihttps://alicantocapital.com/
Collaboratore. Amministratore delegato di Alicanto Capital
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