È passata una settimana da quando è scoppiato il caso della cooperativa Serinper, una delle situazioni più critiche in cui è venuto a trovarsi il sistema “accoglienza” (non quella per i migranti, ci teniamo a precisare…) apuano e lunigianese.
L’inchiesta è incentrata su alcuni importanti affari che i titolari della cooperativa avrebbero fatto con la compiacenza di amministratori pubblici. Un sistema che funzionava, tanto da fare arricchire Serinper in pochissimi anni e farla diventare egemone nel campo del sociale. Inaugurazioni, tanti nuovi posti di lavoro, e un numero sempre maggiore di ospiti, su cui ovviamente si sta cercando di fare chiarezza.
In questa ultima settimana i giornali hanno tirato fuori tutto quello che ancora non si conosceva della vita all’interno delle case famiglia e delle strutture gestite dalla Cooperativa massese. Molti ex ospiti hanno trovato il coraggio di parlare descrivendo la situazione come critica e inqualificabile all’interno di un ambiente che dovrebbe essere quanto mai protetto e inclusivo.
Col passare dei giorni mi sono chiesto se l’argomento che si andava a descrivere non fosse un po’ sfuggito di mano. Così mi sono andato a rileggere attentamente i vari motivi del perché sono state prese le misure cautelari e di cosa sono accusati i vari imputati. Ebbene al centro dell’inchiesta vi sono scambi di favori, assunzioni, corruzione, omessa denuncia, abuso d’ufficio, favoreggiamento, ecc. La rabbia dei lettori, e di gran parte dell’opinione pubblica, è infuriata senza farsi attendere. Ma forse in questo caso è meglio cercare di allargare il campo della visione.
Questa mattina ho avuto il piacere scambiare quattro chiacchiere con una ex-ospite delle strutture Numeri Primi e Numeri Primi Mare. Alessia (nome di fantasia), ricorda gli anni passati come difficili, ricorda il periodo Natalizio come uno dei più tristi per tutti i ragazzi e le ragazze delle strutture, ma anche come uno in cui gli operatori davano il massimo per poter far sentire chiunque a casa. “Sembra impossibile – dice Alessia -, leggere certe dichiarazioni sui giornali, soprattutto sulle condizioni degli ambienti e dei pasti. Durante le feste avevamo sempre cibo in abbondanza e ricordo che gli operatori facevano a gara per rimanere da noi, per darci una parvenza del Natale e della sua gioia”.
Mi trovo bene a parlare con lei, le spiego il mio punto di vista e concordiamo che in questa dolorosa faccenda a dover avere giustizia prima di tutto sono i/le ragazzi/e, o forse più che giustizia, serenità e protezione. Ora più di prima hanno bisogno di non dover sopportare ulteriori sconvolgimenti, credo che questo sia anche un pensiero condiviso dagli operatori e da tutti coloro che lavorano o prestano gratuitamente almeno un po’ del loro tempo nel sistema dell’accoglienza. Fa male il livore con cui le argomentazioni vengono sostituite arbitrariamente ad una presa di posizione sprezzante e molto spesso volgare.
Chiudo la telefonata con Alessia e penso alla sua voce come alla prima fuori dal coro, o forse solo come un’alternativa ragionata al rancore dominante. Le indagini andranno avanti, avremo diversi sviluppi, quello che è certo è che è importante separare l’aspetto giudiziario da quello umano. Serinper aveva diverse strutture da gestire, non sappiamo ancora con certezza in che modo, dove, per quanto, da chi, venivano commesse certe azioni. Ci piacerebbe sentire anche il punto di vista degli operatori e di altri ospiti come Alessia, conoscere il lato umano di una vicenda che ha dell’immaterialità come soldi e corruzione le proprie ricadute giudiziarie.