Chi si prende cura di chi dimentica? In Lunigiana, da un quarto di secolo, la risposta arriva dai Centri diurni Alzheimer, strutture che rappresentano un punto fermo per pazienti affetti da demenza e per le loro famiglie. Il 29 marzo 2025, a Villafranca, un convegno organizzato dalla Società della Salute della Lunigiana in collaborazione con la cooperativa G. Di Vittorio e Aima Firenze ha celebrato i 25 anni del primo Centro Alzheimer aperto nella vallata. Un incontro non solo celebrativo, ma anche riflessivo, in cui esperti, operatori e familiari hanno discusso traguardi raggiunti, criticità affrontate e prospettive future per l’assistenza alla fragilità cognitiva.
A inaugurare i lavori è stato il sindaco di Villafranca, Filippo Bellesi, che ha sottolineato la qualità del lavoro svolto da chi ogni giorno si prende cura degli ospiti. A lui ha fatto eco Roberto Valettini, presidente della Società della Salute, ricordando che “dietro ogni paziente c’è una famiglia intera” e che l’impegno collettivo nel sostenere queste persone è un segno tangibile di civiltà. Melina Ricci, presidente della cooperativa G. Di Vittorio, ha ribadito il ruolo centrale dei tre centri diurni Alzheimer in Lunigiana – Villafranca, Pontremoli e Pognana di Fivizzano – aperti rispettivamente da 25, 20 e 15 anni. Ogni struttura può accogliere fino a 10 ospiti, offrendo assistenza dalle 8 alle 18, dal lunedì al sabato.
Il convegno è stato moderato dal direttore della SdS Marco Formato, che ha ribadito l’impegno costante nel rispondere ai bisogni concreti del territorio. Tra gli interventi più significativi, quello del geriatra Enrico Mossello dell’Università di Firenze, che ha ripercorso le origini storiche dei centri diurni, nati in Inghilterra alla fine degli anni Sessanta come alternativa all’ospedalizzazione, e diventati in Italia, dagli anni Ottanta in poi, elementi chiave nel prendersi cura delle persone affette da demenza e dei loro caregiver.
Debora Luccini, responsabile dei centri Alzheimer della Lunigiana, ha posto l’accento sulla centralità dell’essere umano: “I centri sono le persone, la loro storia, quello che vogliono ancora essere”. Ha parlato dell’evoluzione nel rapporto con la malattia, un tempo vissuta con vergogna e isolamento, e oggi affrontata con maggiore consapevolezza. La presa in carico, ha spiegato, è personalizzata e globale, costruita insieme a medici di base e strutturata intorno alle capacità residue del paziente.
Claudio Baldacci e Patrizia Brunelli, entrambi della cooperativa G. Di Vittorio, hanno raccontato l’esperienza vissuta “in squadra”, sottolineando l’importanza della condivisione, dell’integrazione tra le strutture e del sostegno ai familiari, spesso schiacciati dal peso quotidiano dell’assistenza. Tra gli obiettivi principali: contenere stati di agitazione, rafforzare l’autostima e creare ambienti sereni e stimolanti.
Anche Carolina Mobilia, medico geriatra, ha evidenziato il ruolo del Centro disturbi cognitivi e demenze di Aulla, aperto due giorni a settimana e pensato come punto di accesso immediato e consultorio per le famiglie. Un luogo dove ricevere diagnosi tempestive e valutare l’inserimento nei centri diurni, che contribuiscono a rallentare il declino cognitivo e migliorare la qualità di vita.
Katia Tomè, caposala del centro, ha raccontato il valore di un’assistenza che si avvicina più a un’estensione della casa che a un reparto ospedaliero: ambienti familiari, meno stressanti, dove l’obiettivo resta quello di mantenere autonomia e dignità il più a lungo possibile.
Manlio Matera, presidente di AIMA, ha infine parlato della necessità di costruire una “comunità solidale e consapevole”, ricordando che in Toscana si stimano circa 80.000 casi di demenza. Ha illustrato il progetto “Casa Alzheimer” e le tante attività promosse dall’associazione, tra cui le campagne informative, i gruppi di supporto e i Caffè Alzheimer, ormai attivi anche in Lunigiana.
A chiudere la mattinata, l’intervento delle psicologhe Elisa Ratti ed Elisa Sibillo, che seguono il Caffè Alzheimer di Terrarossa. Un’esperienza iniziata nel 2024 e ispirata al modello olandese di Bere Miesen, che ha dato origine a spazi informali dove malati e caregiver possano incontrarsi, socializzare, esprimersi e ricevere supporto psicologico. Musica, arte, immaginazione ed emozioni: questi gli strumenti per restare umani anche quando la memoria si fa fragile.
La giornata di Villafranca non ha solo celebrato un anniversario, ma ha ribadito un concetto fondamentale: la demenza non è solo una malattia da curare, ma una condizione da accompagnare con competenza, empatia e rete. In Lunigiana, da 25 anni, questa rete esiste. E continua a crescere.