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Incontro con Hirohiko Araki, il creatore de Le bizzarre avventure di JoJo

Tornano gli incontri con gli autori del fumetto internazionale a Lucca Comics & Games.
Protagonista di uno dei Press Café dell’edizione di quest’anno Hirohiko Araki, mangaka dietro la serie cult Le bizzarre avventure di JoJo.
Il manga, in pubblicazione sin dal 1987, continua ancora tutt’oggi a seguire le avventure delle varie generazioni della famiglia Joestar, sempre intente nella loro lotta contro il male, utilizzando i loro incredibili poteri (dalle onde concentriche, agli ormai iconici stand).
Dallo stile stravagante e unico, il lavoro di Araki ha conquistato milioni di fan affezionati in tutto il mondo.

JoJo
Alcuni dei “bizzarri” protagonisti disegnati da Araki.

Qual è il processo di creazione dietro il particolare look dei suoi personaggi?

La mia ispirazione principale sono gli incontri che faccio io quotidianamente. Tutto quello che riesco a prendere dalle persone che incontro ogni giorno, soprattutto dalle persone strane vestite in maniera azzardata. A volte scatto anche qualche foto a queste persone. Inoltre mi ispiro alla scultura classica, anche a quella italiana.

All’inizio il suo stile aveva una forte influenza europea, quasi neoclassica. Come il mercato giapponese ha accolto questa sua estetica molto europea?

Questo stile deriva molto dai viaggi che ho fatto da giovane qui in Italia, le visite che ho fatto ai musei ecc.. Da qui deriva la mia ispirazione molto vicina al classico. Questo stile mi viene molto naturale. Penso che il pubblico giapponese lo accetti proprio perché riesce a recepirlo come uno stile spontaneo e naturale. Al contrario, se provassi a fare un’opera prettamente nipponica, non risulterebbe così naturale.

Lei è stato selezionato, assieme ad altri 17 artisti, per disegnare il poster per i Giochi paralimpici del 2020. Come ha ricevuto questa proposta? Ci può parlare un po’ del progetto?

Sono molto grato di essere stato scelto dal Comitato paralimpico, ma non ne so il motivo [risate]. Sul progetto non saprei cosa dire, visto che lo starei realizzando proprio adesso [risate].

Cosa l’ha ispirata per la creazione del personaggio di Jonathan Joestar, protagonista della prima parte della saga?

In Giappone c’è una catena di ristoranti, aperti 24 ore su 24, che si chiama Jonathan Family Restaurant. Il nome l’ho preso da lì [risate]. Esteticamente volevo disegnare un macho italiano.

Finita la parte 8 de Le bizzarre avventure di JoJo, quale sarà il futuro della serie? Ha già dei progetti?

Veramente non ci ho ancora pensato.

Lei legge il fumetto supereroistico? L’ha influenzata in qualche modo?

Non sono mai stato un lettore di fumetti di supereroi americani, da giovane preferivo i fumetti francesi. Come personaggio non mi dispiace Spider-Man. Trovo i supereroi in generale dei personaggi che si piangono un po’ troppo addosso, preferisco persone più con i piedi per terra che guardano avanti. Sono troppo dei lamentosi [risate].

Se le chiedessero di collaborare alla realizzazione di un film, che genere di film ha in mente?

Mi piacciono i film horror, soprattutto quelli dal taglio più realistico. Mi piace la serie tv di The Walking Dead, mi piacerebbe lavorare ad una cosa simile.

Come mai ha deciso di resettare tutto l’universo narrativo di JoJo alla fine della saga Stone Ocean?

È stata dura abbandonare alcuni personaggi, però il processo della storia era arrivato ad una conclusione. Comunque si, l’universo narrativo è finito, ma ha anche subito un processo di rinascita. Per me è stata una ripartenza, un nuovo inizio della storia. Alcuni personaggi abbandonati sono rinati in forma diversa.

La saga di JoJo negli anni è cambiata nello stile e nell’approccio. Anche lei è cambiato in termini artistici e lavorativi?

Cambiano i personaggi, cambia la storia, cambia il contesto, ma il filo conduttore della saga, che rimane, è lo spirito dei personaggi. Quando ho fatto morire il protagonista in Phantom Blood era una cosa nuova. Jonathan muore, ma trasmette a tutti i personaggi seguenti il suo spirito, i suoi valori, il suo cuore. Questa è la costante di tutta la saga di JoJo. All’inizio disegnavo personaggi più muscolosi, forti fisicamente; dopo questa loro forza è stata portata avanti in senso, appunto, più spirituale attraverso gli stand.

Ci vuole parlare di come crea uno stand? Dall’idea per il potere all’aspetto, a cosa si ispira?

Parte tutto dai personaggi, gli stand e i loro poteri sono la manifestazione della spiritualità del personaggio.

Nell’universo di JoJo tutti i poteri più forti hanno a che fare con la manipolazione del tempo. Come mai questo?

Per me la manipolazione del tempo – fermarlo, accelerarlo ecc. – è il potere più forte che ci possa essere. Mi affascina molto l’idea del tempo, infatti rientra anche nel discorso del passaggio di generazione in generazione della serie.
Per cosa si è ispirato per il villain Yoshikage Kira?
Ho cercato di immaginare come sarebbe se il mio vicino di casa fosse un serial killer. Un assassino che vive accanto a te non è un personaggio vistoso, appare come una persona comune. Una persona calma, tranquilla, che sta in casa e ha i suoi hobby. Mi affascina perché è un personaggio che accetta completamente se stesso, non è combattuto, non si fa scrupoli. La figura del serial killer mi affascina molto, leggo molti libri sull’argomento.

Conosciamo la sua passione per la moda, ha in programma altre collaborazioni con stilisti, come ha fatto con Gucci? Quali sono i suoi stilisti preferiti?

Intanto ringrazio molto Gucci per quell’opportunità. Da giovane mi piaceva molto lo stile di Versace. Al momento non ho in programma altre collaborazioni di questo tipo. Mi sto concentrando sulle Paralimpiadi [risate].

Qual è il suo personaggio preferito tra quelli che ha creato?

Shigechi, il personaggio grassoccio che viene ucciso da Kira nella quarta serie di JoJo.
Qual è il suo ciclo preferito di JoJo?
La quarta serie, Diamond is Unbreakeble, perché è ambientata Morio-cho, una cittadina di mia invenzione ispirata a quella dove sono nato. Adoro quell’ambientazione, ha un valore nostalgico.

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