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Abbiamo intervistato il prof. Francesco Barone, che presenterà ad Aulla un documento per la pace consegnato dal premio Nobel Denis Mukwege

In vista del convegno organizzato dall’“Associazione Piccoli Passi” con il patrocinio del Comune di Aulla che si terrà ad Aulla sabato 6 Aprile, ore 17 in sala Consiliare, sul tema: “Educazione e Pace”. abbiamo intervistato il Prof. Francesco Barone, il quale, presenterà il Documento che gli è stato consegnato da Denis Mukwege, Premio Nobel per la pace 2018.
Prof. Barone potrebbe parlarci del suo impegno umanitario in Africa?
Tutto ha avuto inizio 21 anni fa. Il mio primo viaggio umanitario si è svolto in Ruanda per realizzare un progetto educativo nelle scuole di Kigali. Complessivamente ho realizzato 51 missioni, oltre al Ruanda, in Burundi, Senegal, Repubblica Democratica del Congo. Durante alcuni viaggi sono stato accompagnato da altri volontari. Abbiamo realizzato interventi importanti e significativi nelle principali città dei Paesi in cui mi sono recato. Abbiamo portato aiuti agli orfanotrofi, provveduto alla consegna di cibo, vestiti, scarpe, medicine. Abbiamo favorito la scolarizzazione di numerosi bambini vulnerabili. Inoltre, abbiamo operato nell’ambito del recupero dei bambini di strada.
Come vivono le persone dei Paesi che ha visitato?
Ho incontrato milioni di persone che vivono in condizioni disumane. Vivono una situazione di sofferenza e di precarietà. Forse è difficile crederci, ma si muore ancora di fame e a causa di malattie curabili. Ci sono tanti orfani e altrettanti minori che non hanno accesso all’istruzione. Per quanto riguarda La Repubblica Democratica del Congo, è importante porre l’accento sul fenomeno dei bambini soldato. E inoltre, il problema dei bambini ospedalizzati che restano “imprigionati” nelle strutture sanitarie anche dopo la guarigione a causa dell’impossibilità di pagare le spese da parte di famiglie poverissime. Ritengo che la principale piaga sia quella relativa allo sfruttamento del lavoro minorile. Tanti, troppi bambini sono costretti a lavorare per tante ore al giorno e altrettante bambine sono in balìa di adulti senza scrupoli. Per non parlare dello sfruttamento delle risorse, quali: coltan, oro, cobalto, diamanti, petrolio e foreste.
Durante il suo ultimo viaggio ha incontrato il dottor Mukwege, Premio Nobel per la Pace 2018. Le ha consegnato un documento da diffondere. Qual è il contenuto di questo messaggio?
Ho incontrato Denis Mukwege il 4 gennaio 2018 a Bukavu unitamente ad altri due volontari, Gianluigi Zauri e Benvenue Kasole. Il Documento che mi è stato consegnato consta di nove punti. Evidenzia la drammatica situazione che vive la popolazione della RDC. “Violenze, massacri, insicurezza diffusa, creano una spirale di violenza senza precedenti. Centinaia di migliaia di donne sono state stuprate, più di 4 milioni di profughi all’interno della nazione e la perdita di 6 milioni di vite umane. Il Rapporto Mapping, stabilito dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, parla di non meno di 617 crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Solo la lotta contro l’impunità può rompere la spirale di violenze. Non sono solo gli autori delle violenze i responsabili di tali crimini, ma anche coloro che scelgono di voltare lo sguardo dall’altra parte. Il popolo congolese esige dalla Comunità Internazionale di prendere in considerazione e visionare il Rapporto Mapping delle Nazioni Unite”. E’ bene ricordare l’importante impegno di Mukwege, grazie al quale, nel corso di venti anni di attività, almeno 50.000 donne sono state curate a causa di violenze e stupri. Proprio per la sua importante e incisiva attività medica e umanitaria, Denis Mukwege ha ricevuto prestigiosi premi internazionali, ivi compreso il Premio Nobel per la Pace.
Quali sono gli interventi che lei ritiene necessari per contrastare questi drammi?
Si può fare davvero tanto, ma è necessario intervenire presto. Non c’è più tempo da perdere. Servono progetti umanitari concreti e incisivi. E’ necessario che i fondi stanziati e inviati per gli aiuti, arrivino alle persone povere e non ai ricchi oppure ai governanti di turno. E’ fondamentale che vi sia l’impegno attraverso il quale, si tutelino concretamente i diritti delle donne. Inoltre, è necessario che vi siano interventi importanti finalizzati alla protezione delle infanzie vulnerabili. Non è tollerabile che nel Terzo Millennio vi siano bambini ai quali vengono negati i principali diritti: cibo, acqua, medicine, istruzione. Il primo “carico” di schiavi africani che attraversò l’Atlantico avvenne nel 1532, sono trascorsi oltre 600 anni, ma nulla sembra essere cambiato. Di certo, sono sparite le catene nei polsi e nelle caviglie delle persone, però sono rimaste quelle invisibile, più subdole e pericolose, perché riducono milioni di donne, bambini e uomini in uno stato di grave miseria e subalternità. E’ idea comune che è povero colui che non dispone del necessario per vivere, ma è altrettanto vero che è povero anche colui che nega l’evidente e non è in grado di riconoscere la realtà in cui vivono milioni di persone. Con i diamanti al posto degli occhi e affetti da una specie di trance, in troppi voltano lo sguardo dall’altra parte. Che ragione c’è per spingerci e pretendere sempre di più rispetto a ciò che ci serve, facendo rimanere a bocca asciutta gli altri? E’ forse retorico asserire che viviamo in un mondo di ineguaglianze intollerabili, in termini di benessere e di aspettative di vita, di accesso alle risorse e ai beni comuni? Ritengo che sarebbe opportuno trattare questi problemi con semplicità e concretezza, senza troppi giri di parole. Siamo tutti d’accordo nel ritenere che la pace sia un bene prezioso per tutti. Conosco due modi per ottenerla e garantirla: non fare le guerre e per non fare le guerre non bisogna costruire le armi. E inoltre, non si potrà avere pace finché poche persone dispongono della maggior parte delle risorse del pianeta, mentre altri miliardi di persone, per vivere non dispongono neanche del necessario.
Prof. Barone in considerazione del suo ruolo di Docente, cosa può fare la scuola?
Da diversi anni la scuola si trova di fronte al difficile compito di ripensare se stessa e a suo ruolo nella società. La questione di fondo riguarda il come attivare percorsi empatici in una situazione in cui prevalgono tensioni e aggressioni planetarie e, al tempo stesso, forme di crisi inedite, sia in merito alle modalità di convivenza sociale sia nella costituzione delle relazioni inter-generazionali. L’apertura a favore delle differenze, appare come una delle più grandi e difficili sfide educative della società contemporanea. Questo richiede empatia verso gli altri, comprensione dei diversi flussi di civiltà e capacità di considerare le differenze come opportunità per la costruzione di relazioni costruttive, rispettose e pacifiche tra le persone. Risulta essenziale la trasmissione della “chiarezza umana”, il senso di responsabilità verso gli altri in termini di verità e autenticità, al fine di porre le basi per un progetto di armonizzazione del senso comune. In un dilagante egoismo, parlare di solidarietà oggi è diventato difficile, il clima è pesante, avvelenato, le mistificazioni di ogni genere stanno mettendo a rischio d’estinzione i valori universali come l’accoglienza e il riconoscimento dell’altro. L’elemento centrale, quindi, rimane l’educazione che, mediante la pienezza integrale della persona, realizza socialità, pace, libertà, democrazia, giustizia, co-responsabilità, solidarietà, in nome di un bene comune che va ricercato e difeso oltre e al di sopra dei propri interessi. Per tali ragioni, la scuola riveste un ruolo determinante nella promozione dei valori di tolleranza, rispetto delle differenze e libertà. Come del resto risulterà decisivo l’impegno dei giovani che sono il presente. Solo così si potrà sperare per un futuro di pace.
Francesco Barone, originario di Bussi sul Tirino (PE), vive a Roma e insegna presso il Dipartimento di Scienze Umane dell’Università degli Studi dell’Aquila.
(intervista a cura di Alessandra Cinquanta)

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