Essere amica di Matilde non significa sapere esattamente tutto. E così quando mi appare la sua storia su Instagram, alcuni giorni fa, le scrivo le dico: Ma Matiiiii, wow. Sta per presentare Milk Teeth alla Festa del Cinema di Roma, Milk Teeth è il suo ultimo cortometraggio. Cerco, la sento. Milk Teeth – Essere bambine in Afghanistan è un film nato da un’idea di Giuseppe Carrieri e Alessandra Mastronardi con la regia e fotografia di Amin Meerzad, la regia animata di Maria Matilde Fondi, è una produzione Natia Docufilm con il sostegno di UNICEF Italia. È stato presentato sabato scorso alla Festa del Cinema in occasione del loro 50° anniversario.
Raccontami, Mati, com’è nato? «È iniziato tutto un anno fa quando Giuseppe Carrieri, che ha scritto la storia, mi ha contattato. Era appena rientrato dal viaggio-missione con Alessandra Mastronardi, ambasciatrice UNICEF, a Kabul. La storia mi ha colpito veramente subito». Matilde mi spiega che il concetto di partenza è molto semplice, eppure fortissimo: Fatima ha sette anni, sta perdendo i denti da latte, non vuole che accada. Nessuna bambina (afghana) lo vuole davvero. Lì, infatti, perdere i denti da latte significa sapere che la tua vita, il tuo futuro è finito: «È soffocante, orribile, vero: se sei bambina, in Afghanistan, sai che da quel momento cambierà tutto. Che da lì dovrai iniziare a seguire una serie di restrizioni, indossare il burka, smettere di studiare, smettere di pensare al tuo futuro». E le cose, mi spiega Matilde, stanno peggiorando. «Sembra incredibile, no? Certo, spesso penso: se ne parliamo, c’è ancora speranza. Non lo so. L’Afghanistan è un popolo ad oggi praticamente abbandonato, dall’opinione pubblica, dal mondo. Anche per questo gli autori ritenevano fosse importante fare questo film, anch’io lo credo».
Come farlo. Nessuno di loro avrebbe potuto fare riprese laggiù. La regia è stata affidata ad Amin Meerzad, videomaker e regista afghano: «Giuseppe parla di “cinema di nascosto” e mi sembra una definizione giusta, è quello che Amin sostanzialmente ha fatto. Ha dovuto girare nell’ombra, spesso ricostruire scene o location: anche solo aprirgli le porte di casa era, per le persone, un atto criminale. Noi lo abbiamo seguito da lontano. Guardavamo il girato ogni mattina, a me è servito molto». «Certo, lo sguardo era filtrato, era il suo, però per fare il mio lavoro è stato importantissimo: io non sono mai stata in Afghanistan, è un paese che non conosco, vederlo tramite Amin e il suo video-monitor mi ha permesso di essere coinvolta, di poter dare il mio contributo. Sempre da una posizione comoda, no? A questo ho pensato, penso spesso».
Le animazioni di Matilde si alternano quindi alle riprese di Amin, insieme fanno Milk Teeth, paura, fuga, sogno. «Le mie animazioni sono la parte onirica della storia, gli incubi di Fatima, ciò che viene fuori non appena si fa buio». I disegni, tratto sottile bianco, si stagliano su sfondo nero per un contrasto che, Matilde mi spiega, è voluto. «A tutti gli effetti rappresento incubi, incubo, tutti comunque meno inquietanti della luce del giorno. Di notte Fatima è più libera, potenziale, piccola donna che ancora può pensare al suo futuro». Le animazioni sono realizzate in digitale con tavoletta grafica, ma – come si vede – ricordano il tratto a carboncino, una scelta di Matilde e Giuseppe per richiamare l’uso là ancora diffuso di tavolette poi l’infanzia, il gesso su lavagna, il gesto. Il sogno è anche un piano. Non a caso «i calchi delle dentiere sono bocche spaventose, Fatima fugge dalla perdita di: tutto». Per l’intero lavoro, Matilde ha fatto inoltre molta ricerca: aveva bisogno di conoscere l’Afghanistan come paese, cultura, mondo.
Il cortometraggio, presentato sabato scorso, girerà nel circuito dei festival almeno per un po’. «Sabato è stato molto emozionante, la Casa del Cinema, la Festa del Cinema è già di per sé un contesto magico. Il corto è piaciuto molto. La sala era piena, c’erano molti ragazzi, eravamo io, Giuseppe, Alessandra con Andrea Iacomini e Lucio Melandri. Bello».
Aiutami, ricordami, è il primo progetto “di questo tipo”? «Di questo ‘calibro’, sì (cioè per UNICEF, valore, scopo). In più, questa volta, non era un progetto ‘mio’: cioè dovevo lavorare al soggetto di un’altra persona, con la regia di un’altra persona, è stato importante e formativo. Con Giuseppe lavoro da un po’ di tempo. Amin invece non l’ho ancora incontrato. Da tempo lavoro a temi sociali, è una cosa di cui mi sono resa conto dopo». Dello scorso anno Coralli con Valentina Bizzantino, quello è un corto tutto d’animazione con Diversamente della Bicocca, produzione IULM.
Quando le chiedo di ricordarmi di studi e percorso, Matilde dice: «Ci credi che non so ancora dire che cosa faccio? E, sì, ti mando la bio, ma mi vergogno». Ovvio. Matilde ha studiato alla IULM, dopo il Classico di Carrara: due lauree, la prima in Comunicazione media e pubblicità, la seconda in Televisione, cinema e new media. È in quel periodo che ha iniziato. Con progetti cinetelevisivi come Luce e poesia, Le Metamorfosi, La Scatola Bianca ed altro. Poi lavorando come editor quindi revisionando soggetti e sceneggiature alla Notorius di Roma, in seguito andando su corti, animati e non: Coralli e, prima, Senza titolo (Laguna Sud), ora Milk Teeth, più piccole cose nel mezzo. A Matilde piace collaborare, partecipare anche a progetti d’altri, fa base a Milano. Io l’ho conosciuta come video-maker, la chiamo spesso per la realizzazione di video. La sua sensibilità emerge anche in questo. Mi dice di qualche progetto, uno pazzesco, di cui non dirò. Torno al presente, le chiedo: E qui? E qui, non lo presentiamo? Beh, festival non ce ne sono. Lo facciamo noi? Ok, ci pensiamo.
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Abbiamo parlato con / Maria Matilde Fondi (Carrara, 1994), visual artist, regista, editor.
Maria Matilde Fondi, classe 1994, si forma presso l’Università Iulm di Milano, dove si laurea in Comunicazione, media e pubblicità per specializzarsi, poi, in Televisione, Cinema e New Media. Dagli anni dell’università ad oggi ha preso parte alla realizzazione di alcuni progetti cine-televisivi tra cui: Light&Poetry (2019); Le Metamorfosi (2019); La scatola bianca (2022). Nel 2020 dirige il cortometraggio Senza Titolo, realizzato durante la residenza L’acqua sotto i piedi e presentato al festival Laguna Sud di Chioggia. Dal 2019, con il cortometrggio Bythos, per cui ha collaborato alla scrittura e ha realizzato le illustrazioni, inizia ad occuparsi di animazione e nel 2023 co-dirige il cortometraggio in stop-motion Coralli. Nel 2024 lavora alle animazioni del corto Milk Teeth, diretto da Amin Meerzad, prodotto da Natia Docufilm e Unicef Italia.