21 Novembre 2024, giovedì

Mense a km zero ed educazione alimentare. Intervista a Giaime Berti

Se ne era già parlato e ormai si appresta a partire il progetto che porterà il chilometro zero nelle nostre mense scolastiche. Realizzato all’interno del programma Green Community Lunigiana, questa è una delle azioni previste per lo sviluppo di un modello di azienda agricola sostenibile (uno dei nove ambiti d’intervento che l’Unione dei Comuni dovrà perseguire).

Ci spiega Giaime Berti, docente e ricercatore alla guida dell’azione: «Come tecnici, ci occupiamo del coordinamento generale, poi naturalmente dell’elaborazione del percorso di miglioramento delle mense scolastiche. Gli obiettivi sono, da una parte, rendere consapevoli i diversi soggetti della necessità di riformulare i menù secondo i Criteri Ambientali Minimi e le indicazioni relative alla salubrità alimentare (come: aumento delle proteine vegetali e delle verdure, riduzione della carne e dei prodotti trasformati, etc.); dall’altra, rafforzare la filiera corta sapendo che tale relazione – di approvvigionamento costante – potrebbe rivelarsi un forte strumento di trasformazione dell’economia e del sistema agro-alimentare locale. La logica che sottostà all’azione mira un modello nuovo di mensa: locale, sostenibile, salutare».

Dietro le quinte, il team del professor Berti del Centro Interdipartimentale Sostenibilità e Clima della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa insieme a Ergo Srl, lo spin off della Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento Sant’Anna di Pisa, specializzato nella definizione e nello sviluppo di strategie, strumenti e soluzioni per l’economia circolare. Insieme a loro, Foodinsider, associazione specializzata negli studi di settore.

agricoltura agricoltura | economia | educazione alimentare

«Grazie alla collaborazione con Foodinsider, abbiamo analizzato lo status quo delle mense con analisi dei menù, questionari di gradimento e indagine, esame complessivo dell’esistente. Ciò ci ha portato ad un’analisi dettagliata che forniremo assieme a raccomandazioni e ad uno schema di premialità utile, per esempio, per i bandi di assegnazione (quindi la conversione delle mense). La proposta: iniziare con un menù locale, una volta la settimana, anche per verificare la fattibilità (ancora, complessiva) dell’azione. Locale cioè non fatto solo di prodotti tipici, ma di cibi prodotti localmente. L’obiettivo è sostenere l’intera filiera agricola-alimentare. Tenere i prodotti tipici per la loro importanza storica, identitaria, culturale».

I menù preparati sono cinque. In corso ancora incontri tecnici e di lavoro, di cui uno il 7 ottobre. La parte più difficile: capire come organizzarsi concretamente. Un punto critico per noi, dice Berti, potrebbe essere quello relativo alla produzione. Ma è giusto testare, capire.

Ultima non meno importante componente, quella relativa all’educazione alimentare. «È un aspetto a cui teniamo molto e che riteniamo fondamentale: per questo avvieremo (anche in questo caso) un percorso sperimentale. L’educazione alimentare ha, infatti, ricadute sia sul breve termine che sul lungo termine. Sul breve termine perché, è testato, porta i bambini a mangiare e apprezzare di più le cose sane, non per questo meno gustose (l’Italia è uno dei primi paesi per tasso di obesità infantile). Sul lungo termine perché educare i bambini di oggi significa educare i consumatori di domani. L’impatto è perciò sia positivo che durevole. Certo, come nel caso delle mense km zero, il nostro ruolo è solo quello di “accompagnare”: queste azioni dovranno poi divenire un impegno strutturale. Toccherà ai comuni proseguire».

I primi feedback? «Molto positivi! Siamo contenti perché il progetto ha già stimolato, da parte di tutti, molta attenzione. Ci sembra ci sia interesse e questa è un’ottima base per partire».

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