Viviamo davvero in un paese “fascista, liberticida e deportatore”?

Viviamo davvero in un paese "fascista, liberticida e deportatore"? - editoriale, governo

Quando andavo a scuola io, almeno sulla carta, i manuali di storia cercavano di sembrare neutrali. Ok, c’era ancora il muro di Berlino e le cartine avevano scritto attorno a Mosca Unione Sovietica, ma era tutto più fiabesco (A 40 anni suonati ormai si dice sempre). Comunque, sappiamo bene che la neutralità assoluta non esiste, e che persino la lista della spesa ha una sua sfumatura politica (comprare avocado è chiaramente un atto sovversivo), ma insomma, si faceva almeno finta. Oggi invece, con una naturalezza che farebbe invidia a Orwell, ci arriva notizia che i libri di testo sono diventati direttamente comizi stampati e rilegati, degni dei più sofisticati influencer della sinistra radical chic.

L’ultimo gioiello editoriale pare essere il terzo volume di “Trame del tempo”, in cui si scopre—con sincera sorpresa—che Giorgia Meloni guida un governo praticamente neofascista e che Matteo Salvini era più o meno Darth Vader al Ministero degli Interni. Ora, non so voi, ma io ero rimasto alla banale cronaca politica, fatta di conferenze stampa noiose e decreti poco avvincenti. Invece qui, leggo, ci troviamo addirittura davanti a “piani di deportazione” sui migranti e “misure liberticide” che fanno tremare le vene dei polsi.

Non c’è nulla di male nell’essere critici, ma c’è qualcosa di profondamente sbagliato nell’usare la scuola per diffondere giudizi tagliati con l’accetta, peraltro sotto le mentite spoglie di una storiografia apparentemente oggettiva.

Ora, non vorrei dire che questa vicenda sembri davvero parte di una tendenza più ampia: l’idea che la scuola non serva tanto a formare cittadini capaci di ragionare, quanto a sfornare piccoli replicanti pronti a ripetere slogan facili e politically correct (ci pensano già gli estremisti dell’altro fronte, i patrioti, l’estrema destra, i fedelissimi, ecc.). Però dai, sarebbe divertente, e allo stesso tempo tragico, immaginare le future interrogazioni di storia. “Come definiresti il governo Meloni?”, e lo studente: “Liberticida, fascista e deportatore.” Dieci e lode, compagno.

Sarà perché ho sempre preferito la realtà ai romanzi distopici, ma preferirei che le scuole lasciassero la propaganda fuori dalla porta. Non per censura, intendiamoci, ma perché è proprio questa l’essenza di una democrazia: avere la libertà di pensare, non l’obbligo di essere convinti. Altrimenti, possiamo tranquillamente cambiare la scritta sui cancelli delle scuole italiane: da “Scuola Pubblica” a un più onesto e realistico “Scuola Politicamente Corretto S.p.A.”

Lo diceva bene Voltaire (che era uno sveglio): “Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu possa dirlo.” Purché, aggiungo io, non lo stampiate come verità assoluta sui libri scolastici dei.

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