Per le Borse europee, la prima settimana di ottobre è stata leggermente negativa. Piazza Affari ha poi recuperato grazie ai “soliti” titoli bancari. A causa delle performance negative dei listini americani e di Hong Kong, la situazione in Europa è ora all’insegna di un trading range, ampiamente previsto perché, per le Borse, ottobre è storicamente il peggior mese dell’anno.
Prosegue invece la crisi dell’auto, schiacciata dall’agenda green. Che qualcuno ha rinominato yellow deal, visti i rischi di vedere il settore europeo nelle mani della Cina. L’UE sta valutando l’introduzione di dazi, che però molti osservatori bollano come la risposta sbagliata a problemi reali. Prima di tutto perché le aziende cinesi stanno già reagendo a questa possibilità, progettando di investire in industrie di batterie e apparecchiature elettriche in altri Paesi del mondo, aggirando, così, eventuali balzelli doganali. In secondo luogo, si teme che Pechino possa a sua volta imporre contro-dazi all’automotive europeo.
In un quadro così caotico iniziano a levarsi le voci contrarie alla politica energetica di Bruxelles, come quella dell’ad di Eni. L’esternazione di Descalzi si unisce alle richieste delle case automobilistiche tedesche di rivedere il piano 2035, considerato che l’Europa sarebbe l’unica macroarea del mondo ad attuare un piano “elettrico” così pronunciato. Anche i concessionari di Stellantis, ponendosi in una posizione contraria a quella del produttore che rappresentano, si sono allineati all’Associazione dei costruttori europei di automobili, chiedendo di rinviare al 2027 l’entrata in vigore delle limitazioni sulle emissioni delle auto.
E’ ormai chiaro che Carlos Tavares, ad di Stellantis, è rimasto solo nel sostegno al green deal. Forse costretto a mantenere la posizione perché il gruppo ha investito molto nell’elettrico e non può permettersi di revocare la scelta. La parabola di Tavares sembra comunque giunta al termine. Si dice che le sue dimissioni siano imminenti, proprio mentre si torna a parlare di una possibile fusione con Renault, ipotesi bollata dallo stesso Tavares come “pura speculazione”. Nessun merger, almeno per ora, neppure fra Unicredit e Commerzbank. Dopo lo scetticismo del governo Scholz, ecco presentarsi il nein di Bettina Orlopp, ad della banca tedesca, che ha evidenziato anche la difficoltà di unire i sistemi informatici e soprattutto il rischio di perdere clienti.
La Fed si accinge a ridurre ancora i tassi. Probabilmente ancora 50 bp, ma divisi in due tranche. Anche la Bce interverrà, si presume entro fine anno. Nell’attesa, investire nei Btp decennali – compresi nella forbice fra 3,50% e 3,60% – ha ancora la sua convenienza. Ma attualmente la scelta migliore è l’adesione al collocamento del 14% del capitale di Poste Italiane che, compreso il dividendo, potrebbe rendere il doppio rispetto a un btp decennale.