Vogliamo ricordare Federico Aldrovandi semplicemente ripercorrendo assieme quello che gli è accaduto. Il suo è stato, assieme a quello di Stefano Cucchi, un caso molto controverso ed uno dei più dibattuti che la stampa si sia trovata a documentare negli ultimi anni.
Nel 2005, il 25 Settembre Federico aveva 18 anni quando moriva a Ferrara nelle prime ore del mattino dopo uno scontro con quattro agenti di polizia. La sera prima era uscito con alcuni amici a Bologna.
Durante la serata del 24 settembre Federico usò alcune sostanze stupefacenti in modica quantità. Nel suo corpo vennero ritrovate tracce di ketamina, morfina e una discreta quantità di alcool.
I testimoni ricordano che nonostante l’assunzione delle sostanze Federico mantenne un comportamento tranquillo. Gli esami tossicologici dimostreranno che la sua morte ha avuto a che vedere con l’assunzione di droghe.
Aldrovandi attraversa via dell’Ippodromo a Ferrara quando arrivano due pattuglie della polizia e lo fermano per un controllo.
Le forze dell’ordine raccontano che il giovane avesse un comportamento da “invasato violento in evidente stato di agitazione” e che egli aggredì gli agenti a colpi di karate e senza alcun motivo.
Lo scontro fisico tra gli agenti e Federico è molto violento tanto che due manganelli si spezzano.
Alle 6 e 10 di mattina viene chiamato il 118 ed entro 5 minuti arriva l’ambulanza che trova il ragazzo “riverso a terra, prono con le mani ammanettate dietro la schiena, incosciente”.
I famigliari di Federico vengono avvisati alle 11 del mattino, a 5 ore dal decesso. All’obitorio i genitori trovano 54 lesioni ed ecchimosi presenti sul corpo del figlio.
Il 20 febbraio successivo vengono depositati i risultati della consulenza tecnica medico-legale disposta dal Pubblico Ministero, secondo la quale “la causa e le modalità della morte dell’Aldrovandi risiedono in una insufficienza miocardica contrattile acuta dovuta all’aumentata richiesta di ossigeno indotta dallo stress psico-fisico per la marcata agitazione psico-motoria e gli sforzi intensi posti in essere dal soggetto durante la colluttazione e per resistere alla immobilizzazione”. Aldrovandi è stato sottoposto ad “asfissia da posizione”, con il torace schiacciato dalle ginocchia dei poliziotti.
Nel 2009 i quattro poliziotti indagati, Enzo Pontani, Luca Pollastri, Paolo Forlani e Monica Segatto sono condannati a tre anni e mezzo di carcere per “eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi”.
Grazie alla legge sull’indulto, dopo 6 mesi gli agenti escono dal carcere e dopo un anno tornano in servizio.
Nel 2012 la Corte di Cassazione conferma la condanna.
Un secondo processo “Aldrovandi bis” condanna i tre poliziotti Paolo Marino, Marcello Bulgarelli, Marco Pirani, per presunti depistaggi nelle indagini.