sabato 14 Dicembre 2024

Mini Speciale Eco. Dal Photolux Festival, Italia, spiagge, trent’anni. È Massimo Vitali

Ci sono autori che mentalmente accomuno nella mia visione sicuramente naïf del mondo dell’arte, degli artisti. Uno di questi è Massimo Vitali che in occasione del ventennale di Photolux ha presentato una mostra (Sotto questo sole) che “ripercorre” trent’anni.

Cioè trent’anni dalla prima fotografia di spiaggia perché Vitali ci tiene a dirlo, me lo dice più volte: La prima foto l’ho scattata a 12 anni. Trent’anni da quell’inizio, mai abbandonato, di produzione, modus operandi e videndi. Vitali si dice fotografo calmo, osservatore, raccoglitore di attimi assurdi, bellissimi. Di tutte quelle banalità, abitudini, forme sociali, paesaggi. Le persone sono i suoi soggetti preferiti. In discoteca, fiume, falò, ecco, come dire, eccoci.

Nella prima sala, che è Sala Staffieri, ad accoglierci 13 fotografie, selezionate e presentate in exhibition print – cioè nel mondo in cui Vitali, ci dice, non stampa mai. L’idea, incrociata con la struttura complessiva e cantiereggiante di Pellegrini, viene forse dal curatore (‘fautore’ del tutto, dice l’autore) Matteo Balduzzi. È selezione ragionata di spiagge italiane, dell’Italia incontrata in questi trent’anni: Si vede come siamo cambiati. Nei colori, costumi, negli oggetti. Salto, ci pensi, gli aperitivi: nei modi di stare insieme quindi di occupare gli spazi. È il frammento di Bel Paese che Vitali ha scelto per il festival di Lucca, la città in cui abita da ventisette anni. È un buon modo per conoscere, approcciare la sua fotografia, opere senza inizio né fine, scene, scenari.

Poco dopo un po’ più chiara, nel secondo dei tre tempi, Galleria Ammanati ci porta a scoprire un luogo a cui credo tenga più degli altri. Con le prime 500 foto dell’archivio che sta digitalizzando, per sé, per noi. Letteralmente ciò che ha fatto in questi anni. Qui, su strisce di 26 metri, viene presentata la prima parte dei suoi 4970 scatti cioè tutti quelli (analogicamente) realizzati. Con mai stampati, mal esposti, persino errori, sono quelli – quantitativamente – sufficienti. Se ne avessi fatti di più, avrei molte più immagini inutili. Dentro luoghi e soggetti attraversati. Ancora, qui: Si vede come siamo cambiati. Ed anche cosa pensavamo per sempre, cosa per sempre non è mai. Sono, ancora, banalità che diventano significanti. Spesso lo capiamo solo poi.

L’opera Vitali penso acquisti senso soprattutto oggi. La sua seriale attenzione lo ha reso tra i pochi autori internazionalmente riconosciuti – da molto prima di oggi. L’ultima sala ci dice come, in sei opere finite, cioè così proprio come, esattamente, le vuole lui: scelte da repertorio, da Paesi diversi, incorniciate, stampate e giganti, sotto plexi, di base 187 x 247 cm.

L’invito ovunque è sempre chiaro: siate attenti. I close-up – in prima sala esposti e per il resto sottintesi – ci divertono, guidano e: Guarda questo, guarda quello, guarda i dettagli. In mini video le sue parole, che arrivano fino a qui. Grazie a lui e a Kate Collins.

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