Nella mattinata odierna, militari dei Comandi Provinciali dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza della Spezia hanno eseguito misure di prevenzione patrimoniale emesse dal Tribunale di Genova – Sezione Misure di Prevenzione, su proposta avanzata dal Procuratore della Repubblica di La Spezia Antonio Patrono, nei confronti dei membri di tre famiglie nomadi di etnia sinti insediatisi da anni sul territorio spezzino e gravati da precedenti penali per reati di particolare allarme sociale (furti, truffe, rapine).
Il provvedimento giunge a conclusione di un articolato e complesso percorso investigativo, intrapreso distintamente dalle due forze dell’ordine, poi riunificato sotto l’egida ed il coordinamento del Procuratore della Repubblica.
I Carabinieri del Nucleo Investigativo hanno condotto indagini di polizia giudiziaria, anche di natura tecnica, e patrimoniali nei confronti, tra gli altri, dei tre nuclei familiari, ritenuti parte di un’associazione più ampia di nomadi che, in concorso tra loro ed in maniera metodica e continuata, erano dediti da anni alla commissione di truffe, furti, rapine e conseguente ricettazione. L’operazione, chiamata “Settimo Comandamento”, aveva portato nel mese di ottobre 2020 dopo l’esecuzione di un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali nei confronti di 15 persone e successivamente alla condanna di molti imputati per associazione a delinquere, furto e altri reati.
I Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria hanno sviluppato su delega dell’Autorità Giudiziaria approfondite indagini di natura patrimoniale nei confronti delle coppie di coniugi nomadi e sui loro figli, nonché delle imprese di cui risultavano titolari o soci, anche per interposta persona.
E’ emersa una rilevante sproporzione tra il profilo patrimoniale e quello reddituale degli indagati che, pur non avendo percepito per anni alcun reddito ovvero avendo percepito sporadicamente solo redditi minimali, sono risultati direttamente o indirettamente proprietari di numerosi cespiti immobiliari acquisiti nel tempo facendo ricorso a capitali di provenienza non legittima.
Le attività investigative, in ottica sinergica e funzionale, sono state poi proseguite in maniera congiunta sotto la direzione e il coordinamento dell’Autorità Giudiziaria e hanno consentito al Procuratore della Repubblica di poter disporre di prove acquisite sulla pericolosità sociale degli indagati e alla sproporzione patrimoniale incompatibile con il profilo reddituale dei medesimi. Prove che hanno portato a motivare la proposta avanzata ai sensi del decreto legislativo 159/2011, il cosiddetto “Codice Antimafia”.
I giudici genovesi, riconosciuta la pericolosità sociale dei soggetti, che sulla base degli elementi evidenziati, per condotta e tenore di vita, si ritiene siano vissuti e vivano abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività illegali, hanno così disposto il sequestro di prevenzione propedeutico alla successiva confisca di beni mobili ed immobili ad essi direttamente o indirettamente riconducibili per un ammontare di circa 2 milioni di euro.
Sequestrati tredici fabbricati, diciotto terreni, autoveicoli, autocaravan, titoli, conti correnti e libretti postali, tutti beni che saranno gestiti dall’Amministratore giudiziario allo scopo nominato dal Tribunale.
L’operazione congiunta testimonia l’efficacia investigativa messa in campo dalla Guardia di Finanza e dall’Arma dei Carabinieri e diretta a contrastare, sotto l’egida dell’Autorità Giudiziaria spezzina, l’infiltrazione criminale nel tessuto economico-sociale del territorio.