Redenta è nata quando l’ondata del fascismo più nero si impadroniva dell’Italia. Suo padre, fascista della prima ora non ha mai sperato in una famiglia, e tanto meno desiderava tre figlie, come poi, suo malgrado, gli son capitate. Sua madre, caparbia ma allo stesso tempo fragile, ha sempre lottato per dare un futuro a lei e alle sorelle, ricorrendo all’aiuto dei medici, del Signore e di qualche intruglio che alla fine si è dimostrato risolutivo.
A Castrocaro però la vita non era semplice, molti lavoravano e gli uomini esercitavano un potere troppo spesso inadeguato, soprattutto quando erano sopraffatti dall’alcol o inebriati da idee grottesche come quella di andare in guerra e conquistare l’Africa. I giovinetti erano a spasso per il paese, molti senza famiglia, alcuni dei quali venivano accolti dalla Fafina, l’infermiera del paese e nonna della Redenta.
Iris invece era una bambina fortunata nella sua vita campestre. Figlia di una “maestra”, divenne ben presto una copia di sua madre, la aiutava nell’insegnare alla gente a leggere e a scrivere. Crebbe così, mentre l’Italia attorno a lei cambiava, mentre la guerra in Europa muoveva da paese a paese anche se ancora da lei, tra contadini e pastori, nessuno sapeva quello che stava succedendo.
Redenta e Iris sono due storie che verranno a contatto, saranno i riflessi di un unico Vetro che dividerà le loro vite per tutta la durata della guerra. Una con in casa il fascismo, l’altra sui monti con i partigiani. Attorno a loro fatti reali, lanci di rifornimenti, rappresaglie e stragi, la nascita della repubblica di Salò, le bombe e pistole sotto la giacca come nei film.
Nicoletta Verna nel suo “I giorni di vetro” è riuscita a creare una storia verosimile, con personaggi ancorati fermamente all’immaginario popolare, che oggi più che mai ha bisogno di ricordare per via dell’affievolirsi di testimonianze dirette. Perché è ancora utile sapere chi fu Rodolfo Graziani, macellaio del Fezzan, come mai gli italiani usarono il gas per uccidere gli etiopi e perché il padre di Redenta, Primo, appese alla parete i ritratti del Duce e del Fuhrer uno accanto all’altro.
La narrativa, dispiegata con parole dosate, talvolta in dialetto romagnolo, fa intendere meglio le intenzioni dell’autrice: raccontare una storia locale con la pretesa, riuscita, di potersi riferire all’intera storia di un paese, con gli atteggiamenti, le movenze, i dialoghi di personaggi che sono storicamente paragrafi del linguaggio comune di una nazione. Non si tratta però di un ritratto evanescente, anzi, è un cuore palpitante di storie che si intrecciano, di città bruciate e bombardate, di simboli e danze popolari, di vulgate e violenza che ancora oggi incontriamo nel mondo.
Verna, Nicoletta. I giorni di vetro. Einaudi, 2022.