La Bce ha deliberato l’ulteriore abbassamento del costo del denaro di 25 punti ed entro la fine dell’anno potrebbe verificarsi un’altra sforbiciata. Nel 2025, anche a causa della crisi industriale europea, il ritmo dei tagli potrebbe velocizzarsi, per avvicinarsi al tasso target del 2%. La risposta delle Borse è stata neutrale perché i mercati avevano già scontato la decisione.
La scorsa settimana per le Borse europee è quindi stata brillante; i listini hanno poi rifiatato alla riapertura, anche per l’attesa delle prime trimestrali Usa. Ottime anche le prestazioni di Wall Street, in positivo già da sei settimane, mentre la Cina attende benefici dagli effetti delle politiche fiscali espansive e di sostegno all’economia e ai consumi interni – ammesso che si rivelino davvero efficaci. Lo Hang Seng, dall’inizio di quest’anno, è rimbalzato del 22%; tuttavia, Hong Kong è stato bear market per cinque anni, la base da cui è partito era molto sacrificata e il suo potenziale di recupero non è ancora stato espresso del tutto.
Il mercato cinese, quindi, è ancora tra i più appetibili – certo molto più di quello indiano: per questo l’investimento di una piccola parte del portafoglio sulla Borsa di Hong Kong potrebbe riservare soddisfazioni per gli investitori. Per l’Europa il problema più importante è la crisi industriale, soprattutto del settore automobilistico. Inoltre l’Unione è di fatto senza guida: abbiamo votato a giugno, ma il nuovo organo esecutivo non si è ancora insediato. Le audizioni per il vaglio dei commissari europei potrebbero protrarsi anche oltre la fine dell’anno. Ma anche negli Stati Uniti per conoscere il nome del presidente possono occorrere anche un paio di settimane. Le Borse, che aspettano l’elezione dell’inquilino della Casa Bianca per potersi orientare, potrebbero dunque essere rallentate dall’incertezza che regna sul nome del prossimo vincitore.
A prescindere da chi si insedierà al potere, gli Stati Uniti continueranno a fare debito. La vittoria di Donald Trump avrebbe un impatto positivo sul petrolio e su un certo tipo di economia tradizionale, l’affermazione di Kamala Harris si riverbererebbe maggiormente sul green deal e una visione più ecologista dell’impresa, forse avvicinando le strategie americane a quelle europee. A non fermare la sua corsa è l’oro, ormai stabilizzato sui 2.700 dollari l’oncia e lanciato verso nuovi record. A generare questa situazione hanno contribuito le sanzioni imposte dell’Occidente alla Russia, che hanno scatenato un effetto domino nell’area Brics.
Il timore che i propri investimenti nei mercati europeo o americano possano essere un giorno bloccati ha convinto Pechino a dirigersi a tutta dritta sull’oro. Ottima notizia per l’Italia che ha riserve auree per circa 2 miliardi di euro. Una quantità record, la cui vendita parziale (in caso di bisogno estremo) potrebbe abbattere il nostro debito pubblico.