In occasione dell’apertura della passerella che porterà al Museo Nazionale e zona archeologica di Luni, che avverrà sabato 18 maggio, i curatori ricostruiscono la storia del luogo fondato dai romani, che fino al Medioevo fu un centro marittimo di primo piano.
“Il golfo di Luni costituiva, prima degli apporti del fiume Magra, una sorta di profondo fiordo che assicurava protezione alle navi e per questo fu scelto, ancor prima della fondazione della colonia, sia dalle popolazioni etrusche sia da quelle indigene per il felice approdo. La colonia, con il nome di Luna, venne fondata dai Romani nel 177 a.C. come avamposto militare per le legioni, durante la campagna contro i Liguri. Secondo Plinio il Vecchio, proprio i Liguri Apuani vennero deportati nel Sannio poco prima della fondazione di Luna dove si insediarono 2000 coloni romani, veterani della battaglia di Azio (31 a.C.). Ad ogni veterano furono assegnati 51,5 iugeri di territorio. Tuttavia la resistenza dei Liguri continuò fino al 155 a.C., quando il console Claudio Marcello li sottomise definitivamente e, per commemorare la vittoria, nel Capitolium gli fu dedicata una statua.
Nel 109 a.C. venne aperta la via Emilia Scauri che congiungeva il Tirreno con la Pianura Padana confluendo nella via Aemilia Lepidi (l’attuale via Emilia). In età romana in realtà s’andava a Modena, dall’Aurelia, valicando il passo della Cisa o il Passo del Lagastrello, un tempo chiamato Malpasso. Questa direttiva, citata sull’Itinerario Antonino, era chiamata Strada delle cento miglia o “Nuova Clodia” dal nome del console Marco Claudio Marcello, trionfatore sui Liguri Apuani. La Nuova Clodia, che percorreva il bacino del fiume Auser (Serchio), si incontrava in Lunigiana con quella proveniente da Luni a “Foro Clodi”, Fivizzano, località sita a “XVI” miglia da Luni.
Luna ebbe la sua massima espansione con Augusto tra il I secolo avanti ed il I secolo d.C. quando si attuarono numerosi interventi edilizi dovuti all’affluire di ricchezze nella città: è questo il momento ad esempio in cui fu sensibilmente ampliato il foro. Infatti la politica di sviluppo architettonico voluta da Augusto per Roma richiedeva l’impiego di materiali da costruzione quali appunto il marmo lunense, che veniva imbarcato proprio a Portus Lunae. In questo momento la città raggiunse circa 50 000 abitanti.
Una seconda fase di sviluppo della città si ebbe nel periodo degli imperatori Antonini tra il 98 d.C. al 180 d.C. quando fu costruito l’ anfiteatro, in grado di contenere 7000 persone.
Alla fine del IV secolo un violento terremoto segnò una profonda battuta di arresto per la città imperiale, causando il crollo degli edifici pubblici e privati, anche se intorno al 416 d.C. la città era ancora fiorente; infatti, Rutilio Namaziano, poeta e politico di origine gallica che ebbe modo di attraversare la regione in quel tempo, ricorda che Luni era circondata da “candide mura”. Certamente si sa che nel V secolo la città era sede vescovile: un vescovo di Luni infatti, di nome Felice, risulta tra i partecipanti al concilio indetto da Papa Ilario nel 465.
L’estensione originale della diocesi di Luni andava da Forte dei Marmi a Levanto ed includeva anche le isole di Gorgona e di Capraia.
Le invasioni barbariche non risparmiarono la città di Luna che fu saccheggiata dai Goti All’inizio del VI secolo. In quell’occasione si ebbe un primo spopolamento e gli abitanti si trasferirono in gran parte nella zona di Massa. Nel 552 la città venne riconquistata dai Bizantini di Narsete e inserita nella Provincia Italica. Da quel momento, Luni assunse il ruolo di capitale della Provincia Maritima Italorum ed a quel periodo si devono riferire le fortificazioni erette per impedire l’ingresso dei barbari nella valle di Luni e, indirettamente, per proteggere la via Aurelia verso Roma. La città quindi ritornò ad essere un importante porto e, trovandosi lungo l’asse stradale principale per Roma, visse un nuovo periodo di prosperità.
Nel 642 la città con la regione fu occupata dai Longobardi di Rotari, che già controllavano numerose aree della Toscana meridionale.
L’economia di Luni fu significativamente danneggiata da questa conquista tanto che i nobili cittadini spostarono le proprie sedi nella valle di Carrara, più difendibile, mentre l’asse dei commerci terrestri si stabilì a Lucca, che ottenne definitivamente il dominio della zona. Inoltre, i re longobardi vollero esplicitamente contrastare il potere del vescovo di Luni anche sul piano religioso, favorendo i monaci della vicina abbazia di Brugnato, che i chierici lunensi tentarono più volte di controllare. Ma la piena conquista longobarda avvenne soltanto sotto il regno di Liutprando, che acquisì definitivamente gli ultimi insediamenti bizantini nella regione: Luni fu così inglobata nel Ducato di Lucca, di cui costituì (assieme a Pisa) uno dei principali sbocchi a mare.
Sotto gli imperatori carolingi la città, che si trovava sul confine tra i territori controllati da Carlo Magno e quelli controllati dal Papato, conobbe un periodo di relativa prosperità, grazie alla guida dei vescovi conti che avevano qui la loro sede principale.
Numerose leggende medievali fiorirono intorno alla città di Luni e forse la più nota è quella legata alla reliquia del “Volto Santo”: nell’anno 742 un crocifisso, scolpito da Nicodemo e ispirato dagli stessi angeli, scoperto dal diacono Leboino in Terrasanta sarebbe giunto davanti al porto di Luni su una nave senza equipaggio, la quale non poté approdare se non dopo l’esortazione del vescovo di Lucca Giovanni I, recatosi a Luni guidato da un angelo. L’evento miracoloso scatenò una disputa sul possesso della reliquia fra lunensi e lucchesi, la quale si risolse soltanto allorché Giovanni rinvenne nel crocefisso una preziosa ampolla contenente il sangue di Cristo. Il vasetto venne consegnato ai Lunensi, mentre il crocifisso venne condotto a Lucca dove fu accolto nell’erigenda cattedrale di San Marco.
Un’altra leggenda è relativa alla distruzione di Luni da parte dei Vichinghi che avrebbero saccheggiato Luni per errore, scambiandola per Roma. In realtà la città fu saccheggiata da numerose spedizioni di pirati provenienti dal Mediterraneo e dalle coste meridionali della Danimarca.
Da allora la città, pur essendo sede ancora di istituzioni religiose e amministrative, non ritornò più all’antico splendore; nel 900 il re Berengario I confermò al vescovo di Luni Odelberto tutti i privilegi ecclesiastici, verso l’aristocrazia feudale della zona e nel 940 il re Berengario II nominò marchese di Luni Oberto I, capostipite della dinastia degli Obertenghi, che in pochi anni riuscì ad estendere il suo dominio su una regione molto vasta.
Dal 970 le incursioni arabe lungo la costa ligure meno incisive, grazie all’azione congiunta delle nuove marche di confine istituite da Ottone consentirono un più sicuro utilizzo della via Francigena che iniziò ad essere utilizzata assiduamente come via di pellegrinaggio verso Roma e il papato, contribuendo a migliorare l’economia della zona. Nonostante questi migliorate condizioni di sicurezza, già sul finire del X secolo la situazione per Luni continuò a peggiorare tanto che già nel 998, il vescovo Gotifredo stabilì temporaneamente a Carrara la sede della diocesi, per sfuggire alla malaria e ai pirati e a partire dal 1015, per la città di Luni iniziò un periodo di decadenza. Il colpo di grazia venne dalle incursioni delle forze arabe impegnate contro le truppe della Repubblica di Pisa e della Repubblica di Genova, guidate dal papa Benedetto VIII. Quando gli arabi alla fine furono costretti a ritirarsi Luni era distrutta.
Tra il 1040 e il 1054 la diocesi di Luni perse definitivamente la giurisdizione sulle isole della Gorgona, della Capraia, del Tino, del Tinetto e della Palmaria, che vennero spartite tra le diocesi di Pisa e Genova.
Il segno della fine di Luni è spesso identificato con il trasferimento nel 1204 della reliquia del sangue di Cristo e della sede vescovile a Sarzana“.
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