Negli ultimi giorni, un manifesto diffuso dalla minoranza consiliare di Fivizzano ha riacceso il dibattito politico locale, indicando il numero di atti pubblicati all’albo pretorio come indicatore della presunta inefficienza dell’amministrazione in carica. Il messaggio, accompagnato da una tabella visivamente d’impatto, metteva Fivizzano all’ultimo posto tra i comuni sopra i 4000 abitanti della Lunigiana per “atti per 100 abitanti”, con una conclusione netta: l’amministrazione Giannetti sarebbe “la peggiore della storia”.
A questa iniziativa ha fatto seguito la risposta del sindaco, che ha portato numeri tratti dalla Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici, secondo cui Fivizzano risulta al primo posto per investimenti pubblici pro capite. La minoranza, a sua volta, ha replicato, ridimensionando quel dato: “sono solo 72 centesimi in più”, minimizzando la rilevanza del parametro e suggerendo che il posizionamento migliore sarebbe dovuto unicamente al fatto che Fivizzano ha meno abitanti.
Nel frattempo, il consigliere Daniele Rossi aveva già commentato pubblicamente alcuni giorni prima: secondo lui, non è sufficiente guardare quanto si spende, ma come si spende. E ancora: non basta un solo parametro per valutare l’amministrazione, ma è necessario osservare un “set di indici più ampio”, che comprenda anche l’andamento dei flussi pubblicati all’albo pretorio, i progetti, la qualità delle opere, i tempi e le risposte. L’albo pretorio, pur riconosciuto come contenitore eterogeneo (gare, matrimoni, carcasse animali, ecc.), viene tuttavia ritenuto utile da Rossi per misurare indirettamente la “copertura pubblica della vita della comunità”. Da questa analisi si conclude che uno scarto del 20% tra comuni simili è spiegabile, ma il fatto che Fivizzano pubblichi la metà degli atti rispetto a Pontremoli (considerato “simile per popolazione e orografia”) indicherebbe un’anomalia riconducibile a mala amministrazione.
Pochi giorni dopo, nella replica video, il tono si fa più deciso. Rossi ribadisce che l’intento del manifesto non era giudicare l’amministrazione sulla base di atti “giuridicamente validi” o affissi per obbligo tecnico, ma che il numero così basso di determinazioni rifletterebbe l’assenza di attività reale. Qui però emerge una contraddizione centrale: se il cuore della critica è la mancanza di programmazione e non il numero di atti, allora perché dedicare un intero manifesto a un parametro così parziale?
Nello stesso video, si amplia il campo della critica, affrontando anche la gestione turistica: l’ostello chiuso, la paralisi della Via del Volto Santo, e una lettera in cui il sindaco avrebbe ammesso che il Comune non ha una programmazione scritta della manutenzione ordinaria. La minoranza, non avendo ottenuto risposta alla propria richiesta informativa entro i tempi ritenuti congrui, ha interpellato il Prefetto. Quest’ultimo ha sollecitato l’amministrazione, che ha risposto nei tempi tecnici spiegando che le attività di manutenzione ordinaria vengono attivate secondo urgenza e disponibilità di bilancio. In altre parole: hanno chiamato il Prefetto come si chiama il prete quando si perde la chiave della cantina. E il Prefetto, giustamente, ha risposto con una benedizione e s’è rimesso il cappotto.
La posizione della minoranza appare dunque articolata su due piani non sempre coerenti tra loro: da un lato si cerca di mantenere la validità del dato dell’albo pretorio come “spia”, dall’altro lo si minimizza quando risulta comodo. Allo stesso tempo, i dati ANAC – verificabili, oggettivi e certificati – vengono derubricati a “dettagli”. Liquidare il parametro della spesa pro capite come “72 centesimi” è efficace come slogan, ma tecnicamente discutibile: quei 72 centesimi, moltiplicati per la popolazione, rappresentano migliaia di euro investiti in più rispetto agli altri comuni.
Anche il richiamo al Prefetto è emblematico: se un consigliere comunale non ottiene risposta entro i tempi sperati, può legittimamente coinvolgere la Prefettura. Ma ciò non implica che l’amministrazione sia automaticamente inefficiente. Il Prefetto ha semplicemente inoltrato la richiesta ricevuta, non ha espresso critiche né censurato il Comune. Retoricamente la minoranza ha dunque sfruttato il Prefetto forse più per effetto scenico che per sostanza: un po’ come chiamare il vigile urbano perché la fila al bar è troppo lenta. Certo, farà effetto, ma il caffè arriverà alla stessa velocità.
Se l’obiettivo della minoranza è davvero quello di stimolare un dibattito serio e costruttivo, lo spazio c’è e ben venga. Ma serve rigore metodologico. Misurare l’efficacia di un’amministrazione sul numero di fogli affissi è pericolosamente fuorviante. I cittadini hanno bisogno di numeri chiari, progetti realizzati, servizi efficienti: questo conta più delle polemiche, delle classifiche ad effetto e delle chiamate al Prefetto.
Conclusione doverosa, essere fact checker (una delle specializzazioni dei giornalisti, ebbene sì) significa analizzare i dati con la massima neutralità possibile: nessuno vuole difendere o accusare. Però è fondamentale chiarire che un atto pubblicato in meno o in più non cambia automaticamente la qualità della vita quotidiana. Le amministrazioni vanno giudicate su quello che realizzano davvero, non sul numero di determine. Non è una medaglia. Ma nemmeno una croce.