Venerdì 20 gennaio, Daniele Rossi, Presidente della sezione Anpi Casola-Fivizzano “Hans e Sophie Scholl”, in occasione dei cento anni del Partigiano Giorgio Mori, ha consegnato una pergamena come riconoscimento e ringraziamento per il contributo dato alla lotta al nazifascismo con la sua militanza nel gruppo partigiano di Azzari-Marini dall’inizio del marzo del ’44 alla fine del giugno dello stesso anno, confluendo poi nella Brigata Garibaldi “Ulivi” di Alessandro “Memo” Brucellaria.
Fin dalla sua giovane età Mori ha potuto vedere e sentire come il fascismo faceva della violenza l’unica forma di confronto, facendo nascere in lui il “germe della rivolta”, sentimento che ancora oggi è vivo e incrollabile e che lucidamente desidera condividere con più persone possibile in modo che nessuno dimentichi cosa è stato il nazifascismo.
In una intervista, fatta di Daniele Rossi nel 2019, Mori racconta come è nato il suo sentimento antifascista e che qui vi riproponiamo:
“Io più che l’influenza di mio padre, ho avuto l’influenza di un mio nonno cavatore, anarchico repubblicano, due cose che insieme sembrano strane ma invece andavano a braccetto. Questo mio nonno qui, non aveva paura di nessuno, sai quante volte l’ho visto con la faccia picchiata, rotta la testa, il sangue, io vivevo con lui e seguivo tutte le sue vicissitudini e questo nonno qui quando era in casa cantava, perché sai qui a Carrara il vino scorreva a fiumi, era l’unica cosa che leniva un po’ le ferite politiche e del cuore. A volte veniva a casa che l’avevano picchiato gli squadristi, dopo che si era fermato nelle cantine che era l’unico ritrovo per marmisti e cavatori, qui si riunivano il sabato sera, quando c’erano quei pochi spiccioli da spendere. Gli squadristi, si mettevano davanti alla porta, e quando sentivano che uno si metteva a cantare canzoni proibite, saltavano dentro, e botte e randellate! Mi dicevo…ma come mai che vengono a picchiare questa gente che non fa male a nessuno, si bevono, canticchiano, e li bastonano! Perché? E da qui è nato un po’ il germe della rivolta dentro di me, io mica me ne accorgevo! L’altro fatto che mi ha fatto nascere la contestazione al regime è stato vedere questo mio nonno che tornava sfinito la sera dal lavoro, dalla mattina alla sera spaccava il marmo, con la mazza e al ritorno non si reggeva nemmeno in piedi. A mangiare mia mamma o mia nonna, gli prendevano la mano e gli facevano prendere il cucchiaio e glielo portavano alla bocca, lui non aveva la forza di alzare la mano per mangiare! Il fascismo voleva questo, non ha portato benessere a chi stava male, ma anzi, tutto è peggiorato, più sfruttamento. Io volevo combattere il fascismo per gente come mio nonno, per dargli un futuro diverso, una speranza!
In queste ultime parole si può ritrovare il fulcro della scelta di Giorgio Mori di entrare nelle S.A.P. Giustizia e Libertà di Carrara, dove iniziò la sua esperienza resistenziale per poi “salire ai monti” nel marzo del 1944, andando in Agregna nei pressi del Monte Tondo entrando nel gruppo partigiano di Azzari e Marini:
“Andammo in Argegna, nell’altopiano d’Argegna, era il marzo 1944, c’era la neve, un freddo cane! E c’era un pastore che poi l’hanno ammazzato i fascisti, aveva ceduto l’ovile, la capanna dell’ovile, ad Angiolino Marini, che era il cognato di Azzari. Azzari ci accolse, e ci chiese: ‘Ditemi la verità…Che idea avete?’ Siggeri, disse, io sono comunista, altri io sono anarchico…e vabbè. Azzari disse: ‘Io a voi le armi le offro volentieri, vedete quei muciaccion lì, sono montanari, loro fanno il partigiano per sport, alla sera se ne tornano a casa a dormire (ride). Invece noi al freddo e al gelo, dormivamo nelle baracche di frasche”.
La scelta di combattere il nazifascismo fu dura, ma semplice, una convinzione salda che ancora oggi a cento anni, Giorgio Mori, non esita a rinnovare.
Tutta la Sezione Anpi Casola-Fivizzano ringrazia sentitamente il Partigiano Giorgio Mori.