Nella settimana che si è aperta con l’improvvisa scomparsa di Papa Francesco, i mercati si confermano poco intonati. L’Europa cerca di evitare nuovi storni, in attesa di tempi migliori, mentre New York continua a soffrire per il terremoto causato dai dazi e dalle tensioni fra il presidente Usa e la Fed. Sugli Stati Uniti pesano molto la fuga degli investitori e l’indebolimento del dollaro che perde dall’euro e da gran parte delle principali valute mondiali. La guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina ha effetti negativi sull’economia reale, soprattutto americana. Anche la maggior parte delle materie prime soffre. In controtendenza l’oro che ha raggiunto i massimi e pare aver recuperato la funzione di bene rifugio.
Il presidente Usa spinge per un abbassamento dei tassi di interesse, con l’obiettivo di favorire la crescita economica e le Borse. Invece il numero uno della Fed, convinto che gli Stati Uniti entreranno in una recessione a lungo termine, resiste sulla posizione hawkish. La sua ritrosia al taglio dei tassi è comprensibile, dato il quadro attuale, l’inusuale perdita di appeal di azioni e obbligazioni americane e il rischio stagflazione, che porterebbe al rincaro di tutti i beni made in Usa.
In una dichiarazione (poi smentita) l’inquilino della Casa Bianca ha manifestato l’obiettivo di licenziare Powell e sostituirlo con un esponente dall’approccio più dovish. La legge però permette il siluramento di un presidente Fed solo in occasioni molto circostanziate e salvaguarda l’indipendenza della banca centrale.
Trump probabilmente sarà costretto ad aspettare la scadenza del mandato di Powell, prevista a maggio 2026. Considerato il debito pubblico molto alto, che non consente a Washington di perdere la storica fiducia degli investitori, il chiaro sostegno che i mercati stanno assicurando alla politica del governatore e il deterioramento dell’economia il presidente Usa forse dovrà mollare la presa, soprattutto sul fronte dazi. Le elezioni di mid term non sono poi tanto lontane e l’elettore americano vota pensando al suo portafoglio.
Trump ha un’indole orgogliosa ma potrebbe inventare qualche escamotage per uscire dall’impasse da lui stesso partorita. Se i segnali in questa direzione sono già chiari nei confronti dell’Europa, gli scontri con la Cina sono più difficili da ricomporre, con Pechino che ha bloccato l’importazione di gas americano e respinto le forniture di Boeing, lasciando i Treasury per concentrarsi su Bund e anche Btp. Per fare retromarcia, dunque, occorreranno al tycoon tanta abilità e una dose sufficiente di “faccia tosta”. In Italia il risiko bancassicurativo è in una fase calda con l’assemblea di Generali (in corso oggi) e l’approvazione, da parte di Montepaschi, dell’operazione su Mediobanca. Mentre il golden power del governo sull’operazione Unicredit-Bpm potrebbe indurre la banca di Piazza Gae Aulenti a ricorrere al Tar.