Donald Trump ce l’ha fatta. Ha riconquistato la Casa Bianca, in una delle elezioni più incerte di questo secolo. Il suo ritorno dovrebbe segnare un cambio di paradigma nella politica economica americana, sia internamente, sia nei suoi rapporti con i partners europei e il resto del mondo.
Donald Trump ha vinto le elezioni basandosi su tre elementi chiave: l’inflazione, che durante la presidenza Biden ha eroso in maniera significativa il potere d’acquisto delle classi medio basse; l’aumento abnorme dell’immigrazione illegale; la lotta alle teorie woke, solidaristiche e politically correct – ma sotto certi aspetti minate da una deriva “integralista” – viste come un forte indebolimento dell’educazione familiare. Ora probabilmente Trump farà tutto ciò che è in suo potere per fermare la guerra russo-ucraina e riutilizzare i soldi risparmiati per obiettivi interni come quello di fermare l’immigrazione illegale, anche – secondo le sue dichiarazioni – attraverso il miglioramento delle condizioni di vita in loco.
Una decisione di questo tipo si riverbererebbe in maniera forte sull’Europa: se l’Ue decidesse di continuare a sostenere Kiev nonostante un disimpegno americano, si presenterebbe il rischio di inasprimento della politica fiscale, difficilmente praticabile in un periodo di crisi economica così forte. All’opposto, se l’Europa si accodasse agli Usa, sarebbe eliminata una voce di spesa importante, da reinvestire in misure per arginare la crisi e rilanciare l’economia.
Preoccupa invece la possibilità che Trump ripristini i dazi sui prodotti europei, come già fatto in precedenza. E’ probabile anche, a fronte di un disgelo nei confronti della Russia, un inasprimento dei rapporti con la Cina: ricucire i rapporti con Mosca avrebbe anche l’obiettivo di bloccare l’approvvigionamento cinese a basso costo di petrolio russo. Le sfide più difficili sono l’inflazione e la creazione di posti di lavoro. Nelle prossime settimane, dopo i dati di ottobre influenzati da uragani e scioperi, sarà possibile capire la tendenza del mercato dell’occupazione.
Il Pil italiano è in frenata. Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia e delle Finanze, ha affermato che, dopo la revisione delle stime trimestrali annuali da parte dell’Istat, sarà più difficile crescere dell’1% entro fine anno, come prevedeva il governo.
“I nuovi dati trimestrali, pur avendo un probabile impatto sul totale del 2024, non suscitano preoccupazioni per gli anni seguenti”, ha però tranquillizzato il titolare del Mef.
Riguardo al Pil, benché qualcuno preveda un sorpasso di Francia e Germania nei confronti dell’Italia, riteniamo difficile che questo fenomeno si avveri. La recessione tedesca è una realtà conclamata e causa parecchi problemi a tutto il continente. Senza il Pnrr, tutta l’Europa sarebbe in negativo di oltre un punto e mezzo. La situazione è esplosiva, e rischia di diventarlo ancor di più se non saranno presi provvedimenti dalle autorità di Bruxelles.