Solo 26 centesimi a cittadino. È questo il magrissimo risparmio generato dalla legge 56 del 2014, quella di riforma delle Province: questo corrisponde allo 0,001 in termini di spesa.
L’unico risparmio è quello collegato all’azzeramento dell’indennità degli organi politici (52 milioni). Sull’altro piatto della bilancia però c’è l’aumento di 36 milioni dei soli costi del personale passato nelle Regioni e nei Ministeri (oltre 12 mila dipendenti ex provinciali). Quindi il risparmio netto totale è di 16 milioni, 26 centesimi a cittadino per l’appunto.
Il conto della serva lo ha fatto l’Unione delle province italiane nel corso di un incontro a Roma sull’oggi e il domani di questi enti, per semplificare il paese e migliorare i servizi.
Un risparmio pagato a caro prezzo: alle Province sono stati tagliati oltre 3 miliardi di risorse (alla nostra provincia sono stati prelevati circa 28 milioni solo negli ultimi tre anni) per i servizi essenziali ai cittadini che hanno di fatto bloccato per cinque anni la manutenzione ordinaria (-43% della spesa corrente dal 2013 al 2018) e la capacità di investimento delle Province su servizi essenziali (-71% di risorse per gli investimenti dal 2013 al 2018).
Eppure i km di strade da gestire da parte delle province non sono calati (130 mila chilometri a livello nazionale, 670 locale) e neanche le scuole secondarie superiori in gestione (7.400 scuole secondarie superiori, una trentina di edifici localmente per circa 8 mila 500 studenti).
E il pregiudizio sulle Province continua a pesare: negli ultimi provvedimenti per la crescita, le scuole secondarie superiori sono state escluse dai finanziamenti per l’efficientamento energetico, e non un euro è stato stanziato per aprire i cantieri, per cui abbiamo già progetti pronti, per mettere in sicurezza strade, ponti e gallerie”.
“È fallito poi completamente – è stato detto nell’incontro romano – l’obiettivo della semplificazione, anzi, le Regioni hanno accentrato funzioni amministrative. Così nel Paese abbiamo ancora oltre 1.700 enti strumentali, e più di 7.000 società e consorzi vari, oltre 300 Ato Acqua, Gas e Rifiuti che a livello provinciale, svolgono compiti che potrebbero essere assegnati alle Province. Con un risparmio reale, ma soprattutto realizzando quella semplificazione indispensabile che ci chiedono prima di tutto le aziende”.